Beba: “La musica mi ha salvata da un amore divenuto tossico”

Beba: “La musica mi ha salvata da un amore divenuto tossico”

Beba: “La musica mi ha salvata da un amore divenuto tossico”



«La disparità di genere nella musica è risaputa, come che la donna sia strumentalizzata nel rap o in alcune canzoni pop. La musica è lo specchio della società e quella in cui viviamo è patriarcale. Da questo a dire che gli artisti sono responsabili della visione che hanno i ragazzi della donna è un po’ follia. A stare al mondo si impara in famiglia, più che nella musica. Io per fronteggiare questa dinamica ho preso quel linguaggio e l’ho rigirato: riappropriarsi di certi termini li disarma». Con la sua arte parla ai giovani, soprattutto alle donne la giovane rapper torinese Beba, al secolo Roberta Lazzerini. E lo fa con temi importanti. Anche ora, dopo l’uccisione di Giulia Cecchettin, lo fa con la sua musica: «Mi sento un po’ una sopravvissuta».

In Narciso narra una relazione tossica: una follower le ha scritto “mi hai salvata”. Che ne pensa?

«Dall’uscita di Narciso ho ricevuto centinaia di messaggi, non solo da donne. Tanti per aver rivisto una relazione passata, diversi perché hanno aperto gli occhi. Aiutare con le proprie parole è la più grande soddisfazione che si possa avere».

Lei come si è accorta di essere in una relazione tossica?

«Attraverso gli occhi di chi mi voleva bene. La società dovrebbe insegnare a riconoscere i segnali: sui social vedo ragazze orgogliose se il fidanzato chiede come siano vestite: ma queste non sono dimostrazioni di amore. La musica è stata la salvezza nella prima relazione tossica: l’altro viveva male il fatto che iniziassi ad aver successo. La necessità di esprimermi e portare dei messaggi mi ha salvato».

Sul potere della musica ora c’è dibattito. Gli artisti dovrebbero scrivere pensando a chi ascolterà o è la società a dover offrire strumenti per interpretare?

«Sarebbe fantastico un lavoro comune. Nella musica è inevitabile che ci sia chi trasmette messaggi positivi e chi no. Non è compito dell’artista educare il pubblico, lo è sapere che le parole pesano».

Serve più musica impegnata?

«Non credo che un brano che esprime il disagio di un artista valga meno di uno sulla parità di genere. Nella musica c’è tanta scelta. Eppure ci si concentra solo su alcuni messaggi, e poco su chi ne trasmette di positivi. Come Margherita Vicario che canta “Nessuno ti insegna che aspetto ha l’amore”».

Come, oggi, vorrebbe le fosse stato insegnato?

«Se avessi avuto un rapporto con mio papà avrei sviluppato una concezione della figura maschile diversa. Credo che in famiglia si mettano le basi sul modo di amare finché non avrai consapevolezza per lavorare su te stesso».

Quel linguaggio lo rigira come nel 2019, prima donna nel format Real Talk. Cosa è cambiato?

«Conquistai uno status con i miei colleghi maschi. Il gap nel rap è rimasto simile, ma prima dovevi combattere per essere presa sul serio mentre oggi le collaborazioni sono molte. Sono però ancora pochi gli uomini che ascoltano le rapper, se non i featuring. C’è la sensazione che per funzionare abbiano bisogno della benedizione del maschio».



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[email protected] (Redazione Repubblica.it) , 2023-11-25 08:35:55 ,torino.repubblica.it

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