In un’atmosfera teatrale si staglia Belfast, il film diretto da Kenneth Branagh, che quest’anno ha vinto il Premio Oscar per la Miglior Sceneggiatura Originale.
Inizialmente sembra ricordarci Il nastro bianco di Michael Haneke, per l’uso del bianco e nero e dei limitati spazi, sia esterni sia interni, in cui si articolano le scene. Ma lo spettatore più attento può subito cogliere una dolcezza latente che, a differenza de Il nastro bianco, accompagna tutto il film. È la dolcezza di un una famiglia che si vuole bene.
Infatti, la protagonista di questa vicenda è una famiglia operaia ed, in particolare, il loro figlioletto Buddy, cresciuto a Belfast durante il conflitto degli anni ’60 nella capitale dell’Irlanda del Nord.
The Troubles è il nome del tumulto nordirlandese che ha contraddistinto l’Irlanda del Nord tra la fine degli anni sessanta e la fine degli anni novanta. Questo conflitto a bassa intensità tra protestanti e cattolici si è dipanato a seguito della divisione seguita alla guerra anglo-irlandese, che aveva lasciato le sei contee nordorientali dell’Irlanda sotto il dominio britannico. Da quel momento i cittadini cattolici venivano discriminati dalla maggioranza protestante, in un un crescendo di odio e violenza.
La famiglia di Buddy è protestante ma non prende parte alle barbarie della guerra intestina che sta lacerando il paese, piuttosto cerca di distaccarsene, trasmettendo ai figli i valori sani.
Quando, infatti, Buddy chiede: “È colpa di quelli della nostra parte?”, il padre risponde: “Non c’è una parte ‘nostra’ e una ‘loro’ della strada. O almeno, prima non c’era”.
Così parlano i genitori e soprattutto i nonni di Buddy, che lo accudiscono e coltivano con lui la passione per il cinema. Quest’ultimo viene rappresentato come uno dei pochi momenti di svago della working class, infatti, le scene dei film sono le uniche ad essere a colori. Come a sottolineare i pochi momenti di impareggiabile felicità in una realtà ormai dilaniata dalla violenza.
Lo stile biografico del film viene inframezzato da alcuni momenti documentaristici apprezzabili, quelli in cui vengono mostrate le notizie del tg dell’epoca. Tutto diventa così reale da empatizzare con i protagonisti che cercano a tutti costi di condurre una vita serena, ognuno a modo suo.
Il padre, che lavora in Inghilterra come operaio, vuole andare via da Belfast perché prevede un’esclation sempre più brutale degli scontri, mentre la madre cerca in tutti i modi di non partire, perché ha paura di lasciare ciò che conosce da sempre.
Un delicato racconto di famiglia che ci fa tremare il cuore durante i momenti più conflittuali, ma che è percorso da un fil rouge appassionante: l’amore che lega tutti i componenti della famiglia, nonni, genitori e figli.
Come sostiene la nonna, durante un dialogo con il nipote: “Abbiamo tutti una storia da raccontare. Ma quello che ci rende uno diverso dall’altro non è come finisce questa storia, ma piuttosto da dove è cominciata”. E qui tutto comincia da una bella fotografia e un talentoso piccolo protagonista!
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di Veronica Cirigliano
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2022-04-05 08:00:00 ,