Mentre il prezzo della benzina va sempre più in alto, il governo Meloni rifiuta di agire in qualunque modo per contenere i rincari, sostenendo come non ci siano le condizioni per tagliare le accise che gravano sui carburanti. Tuttavia, il ministero delle Imprese e del made in Italy ha anche ammesso che il prezzo industriale della benzina, cioè pulito dalle tasse, sarebbe più basso che in Francia o Spagna. Cerchiamo quindi di capire come si arriva ad avere il carburante più caro d’Europa.
Il prezzo:
La componente fiscale
Il prezzo della benzina può essere diviso in due voci. Una componente fiscale, che comprende l’Iva e le accise, e una componente base, cioè il prezzo industriale che tiene conto di tutti i costi collegati al prodotto, quelli logistici, commerciali e amministrativi e i margini del gestore. Nel prezzo industriale sono quindi compresi anche i ricavi dei distributori, accusati dallo stesso esecutivo di destra di essere i responsabili dei forti rincari.
In percentuale, la componente fiscale incide tra il 58% e il 60% del prezzo alla pompa e lo scopo di queste tasse è il finanziamento di servizi pubblici e infrastrutture. Allo stesso tempo, però, includono anche diverse coperture di spesa, benché non abbiamo più una causale vera e propria dal 1995.
La parte industriale
Il prezzo industriale, invece, equivale al restante 40% o 42% del prezzo finale della benzina. Su questo incidono le quotazioni internazionali che decidono il valore in dollari statunitensi di una tonnellata di benzina, prima che venga venduta dalle raffinerie. Si tratta, in sostanza del prezzo netto del carburante e viene determinato dall’agenzia di Londra Platts, sulla base del costo del petrolio, della raffinazione e di trasporto. Questo prezzo netto subisce poi variazioni in base allo stato del mercato e ai costi di intermediazione, ma solitamente non supera il 30% del prezzo finale alla pompa.
Oltre al prezzo netto, nel prezzo industriale si trova anche il costo dovuto al margine di guadagno dei distributori. Questa percentuale serve a coprire tutti i costi di distribuzione primaria e secondaria e non pesa più del 10% o 12% sul prezzo finale della benzina. Praticamente niente rispetto a tasse e prezzo industriale, ma che può salire nelle autostrade a causa dei più alti costi di gestione per mantenere gli impianti aperti 24 ore su 24 e alle concessioni dovute al proprietario della tratta autostradale.
Le percentuali variano per gli altri carburanti. Sul gasolio, per esempio, la componente fiscale è ridotta al 52% e i margini per i gestori si attestano a circa l’8%. In sostanza, tenendo il costo della benzina attuale come esempio, per un litro di benzina pagato 2,020 euro al self-service, 1,20 euro vanno in tasse, 0,60 centesimi coprono il prezzo netto e i ricavi valgono solo 0,20 centesimi.
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di Kevin Carboni www.wired.it 2023-08-17 13:23:48 ,