Esercitazioni militari e summit trilaterali annuali, “non solo quest’anno o il prossimo, ma per sempre”. Una linea diretta di comunicazione per le crisi e maggior cooperazione sui missili balistici. Un impegno generale a consultazioni per rispondere alle “sfide regionali, provocazioni e minacce agli interessi collettivi e di sicurezza”. Joe Biden ha sancito così un’espansione e consolidamento della cooperazione militare oltre che economica con Giappone e Corea del Sud, al termine di uno storico incontro a Camp David con i leader di Tokio e di Seul.
I Principi di Camp David
Un patto – chiamato i “Principi di Camp David” – che vuole superare le ferite che ancora dividono i due alleati asiatici degli Stati Uniti per rispondere assieme alle minacce presentate dalla Corea del Nord, dal suo riarmo nucleare e dai suoi crescenti test missilistici, e per contenere l’espansionismo cinese. Una sorta di mini-Nato nel Pacifico, anche se i consiglieri di Biden rifuggono dal paragone e se non contiene promesse di mutuo soccorso militare: è piuttosto ispirata a un legame speciale e strategico tra i partner.
Alleanza a prova di Trump
Un legame che vuole anche e soprattutto essere a prova di un ritorno di Donald Trump – o comunque del suo isolazionismo – alla abitazione Bianca: l’idea esplicita è quella di istituzionalizzare un’alleanza in grado di perdurare e crescere indipendentemente da chi sia alla presidenza statunitense.“Si tratta di creare relazioni per decenni e decenni, di dar vita a una relazione duratura”, ha dichiarato Biden.
Riferendosi a Trump, nuovamente candidato alla presidenza Usa nel 2024, ha aggiunto: “Abbandonare il mondo ci indebolisce: l’America è forte assieme ai suoi alleati e con le sue alleanze”. Ancora: “Abbiamo realizzato una struttura di lungo periodo per una relazione che duri e che abbia un impatto fenomenale non solo in Asia ma nel mondo”, ha affermato indicando che l’accordo vuol essere una delle grandi eredità della sua presidenza. “Abbiamo fatto la storia”, ha aggiunto ricordando che questo è stato il primo summit tenuto dalle tre potenze.
La protesta cinese
La Cina non è stata in realtà direttamente presa di petto con la firma del nuovo accordo, in uno sforzo di evitare spirali di tensioni, ma l’obiettivo di fondo di contenere la sua avanzata sul palcoscenico asiatico, nell’Indo-Pacifico e oltre, è parso chiaro. Parte di quella che è stata definita come una strategia di de-risking, che abbia al centro preoccupazioni di sicurezza nazionale. “Questo vertice non è stato dedicato alla Cina”, ha esplicitamente detto Biden. Lo status quo di Taiwan, e la condanna di ogni tentativo di modifiche unilaterali, è tuttavia stato al centro della discussione e delle prese di posizione. Pechino ha reagito duramente al summit: ha denunciato quelli che ha definito come sforzi provocatori per creare una Nato nella regione del Pacifico.