C’è una battuta in un numero del 1991 della serie a fumetti Marvel X-Factor in cui il Professor Xavier prende in giro l’incapacità degli X-Men di morire in modo definitivo: “A volte sembra che nel paradiso dei mutanti non ci siano cancelli perlati, bensì porte girevoli“, osservava rivolto a Jean Grey, un personaggio che annovera un numero spettacolare di decessi e rinascite, un trend che sarebbe stato esasperato negli anni successivi.
Tendenza trita e ritrita
Una scena del funerale di Martian Manhunter in Crisi finale del 2008 mostra Superman che termina il suo elogio funebre dicendo: “Mancherà a tutti. Preghiamo per la sua resurrezione”. Il suo desiderio verrà esaudito: il personaggio tornava in azione due anni dopo, come conseguenza degli eventi della serie crossover La notte più profonda, che vedeva un’entità oscura riesumare un buon numero di personaggi deceduti. Superman è deceduto, Batman è deceduto, così come Spider-Man. Tutti questi personaggi però, in un modo o nell’altro, sono stati resuscitati. Nei fumetti moderni, la morte rappresenta al massimo un contrattempo temporaneo e raramente viene affrontata seriamente.
Questa impostazione nei confronti della mortalità è stato trasposta nei cinecomic, i film dedicati ai supereroi. Superman è deceduto alla fine di Batman v Superman: Dawn of Justice per poi tornare in vita un anno dopo in Justice League. Una schiera di personaggi è stata ridotta in polvere alla fine di Avengers: Infinity War, per poi riapparire in Endgame. Anche le figure la cui morte è sembrata la più definitiva possibile sullo schermo – come Iron Man o Vedova Nera, che si sono entrambi sacrificati per il bene comune in Avengers: Endgame – possono potenzialmente tornare, grazie alle infinite possibilità offerte dal multiverso e all’altrettanto infinito libretto degli assegni di Disney. Tuttavia, nessuna somma di denaro o magia spaziale potrebbe riportare in vita T’Challa.
L’eccezionalità di Chadwick Boseman
Dopo la prematura e tragica scomparsa dell’attore Chadwick Boseman nell’agosto del 2020, tutti i piani di un sequel dell’amatissimo e fortunato film del 2018, Black Panther, con il suo protagonista originale sono stati cestinati. C’era chi sperava e chiedeva che il ruolo venisse affidato a un altro attore. Tuttavia, tutto ciò che Boseman aveva infuso nel personaggio – passione, intensità, acume – non era rimpiazzabile. Mettere un nuovo interprete al suo posto sarebbe sembrato un tentativo di cancellare quello che l’attore aveva fatto, o di trasformarlo in un ingranaggio sostituibile. Il suo lavoro in Black Panther era stato troppo importante.
La strada scelta alla fine – contestualizzare la morte di Boseman nel canone Marvel uccidendo T’Challa fuori dallo schermo – era quindi tanto inevitabile quanto coraggiosa. Rafforza il legame emotivo del pubblico con Black Panther: Wakanda Forever – il sequel di Black Panther appena uscito nella sale cinematografiche di tutto il mondo – permettendo agli spettatori di indirizzare il lutto per l’attore in quello per il personaggio, e al contempo invitandoli a partecipare al percorso di accettazione della morte intrapreso dal film.
Un unicum nei cinecomic
Nessuno dice che la Marvel non ricorrerà mai più al recasting per un attore. Proprio il mese scorso si è diffusa la notizia che Harrison Ford sostituirà il compianto William Hurt nel ruolo di Thaddeus “Thunderbolt” Ross in Captain America: New World Order. Tuttavia, la volontà dello studio di affrontare la perdita in Wakanda Forever segna un cambiamento: la morte permanente di T’Challa viene trattata con un rispetto che le storie di supereroi raramente mostrano, e crea una profondità emotiva di cui spesso il genere è privo. Regala alla Pantera Nera di Boseman un’eredità, invece di uniformarlo alla miriade di eroi riesumati e reincarnati che lo hanno preceduto.
L’era dei cinecomic – in particolare dei film Marvel – dura ormai da oltre un decennio, e sembrava che lo status quo fosse ormai immutabile. Permettendo ad alcune verità difficili di farsi largo tra le logiche fumettistiche, Black Panther: Wakanda Forever dimostra che i fumetti e i loro adattamenti cinematografici non devono per forza rimanere statici. Possono rigenerarsi e diventare qualcosa di nuovo.
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di Graeme McMillan www.wired.it 2022-11-11 18:00:00 ,