Lo scorso agosto è uscito nelle sale di tutto il mondo It Ends With Us, film con Blake Lively tratto dal romanzo omonimo di Colleen Hoover, storia di una giovane donna che fa di tutto per affrancarsi da una relazione violenta con un uomo. Blake, che è stata anche produttrice della pellicola, recitava faccia a faccia con Justin Baldoni, noto per la serie Jane the Virgin e qui anche in veste di regista. Il film la scorsa estate ottiene un notevole successo, anche se la sua campagna promozionale è stata vessata dalle polemiche, soprattutto online e rivolte a Lively: i rumor che circolano sui social dipingono l’attrice come difficile sul luogo di lavoro, viziata, più impegnata a promuovere la sua linea di prodotti per capelli che a parlare di temi centrali nel film come la violenza sulle gentil sesso, con sue vecchissime interviste dal linguaggio inappropriato che riemergevano dal nulla. L’acredine web nei suoi confronti la fa sembrare a un passo dalla “cancellazione”. Questo 21 dicembre, invece, è arrivato un contratto legale destinato a ribaltare la percezione dell’intera vicenda: Lively ha infatti denunciato Baldoni per molestie sessuali e diffamazione.
Quali sono le accuse di Blake Lively a Justin Baldoni
Secondo la denuncia, che è rivolta tra gli altri anche al produttore Jamey Heath, allo studio cinematografico Wayfarer e all’esperta di pubbliche relazioni Melissa Nathan, durante il corso delle riprese Baldoni avrebbe cercato di improvvisare scene di baci non previste nel copione, avrebbe parlato apertamente con Lively della sua vita sessuale (raccontando anche di rapporti ottenuti senza consenso), e si sarebbe recato diverse volte non invitato nella roulette dell’attrice mentre si cambiava, veniva truccata o allattava, questo spesso assieme a Heath, il quale a sua volta avrebbe mostrato a Lively video della moglie nuda e mentre partoriva. A un certo punto Lively ha ottenuto dal distributore Sony di avere un intimacy coordinator sul set e altre salvaguardie, affermando che in effetti la situazione è migliorata. Ma, sempre secondo la denuncia, le cose sarebbero precipitate solo in vista dell’uscita del film, quando Baldoni avrebbe assoldato un’agenzia di crisis management, The Agency Group, per minare la reputazione di Blake Lively stessa.
Considerando il comportamento di Baldoni sul set e anche la sua intenzione di focalizzare la campagna promozionale sul trauma della protagonista più che sul suo trionfo finale, Blake e le altre protagoniste del film, compresa anche la scrittrice Hoover, si sono rifiutate di rilasciare interviste e partecipare a eventi con lui, smettendo anche di seguirlo sui social. Preoccupato per la propria reputazione, Baldoni avrebbe a quel punto commissionato a professionisti come Melissa Nathan per minare la reputazione di Lively, soprattutto grazie a campagne “silenziose” di pr. “Vuole avere l’impressione che lei sia stata seppellita”, si legge nei messaggi di un dipendente di The Agency Group, al che Nathan avrebbe risposto: “Sai che possiamo seppellire chiunque”. Ecco perché, probabilmente, a un certo punto l’immagine pubblica di Blake Lively è precipitata nel fango, con una percezione della sua personalità (nonché le vendite dei suoi brand) che ne sono uscite decisamente deteriorate.
La risposta del team legale di Baldoni
In questi giorni gli avvocati di Baldoni hanno smentito qualsiasi campagna diffamatoria, sostenendo che su internet sono circolate opinioni basate sulle “opinioni e punti di vista” di Lively che hanno avuto origine da “interviste pubbliche e non editate”, e che girare a un’agenzia di pr è procedura standard nel caso dell’uscita di un film. In ogni caso lo scorso sabato Baldoni è stato abbandonato dalla WME, l’agenzia di management che lo rappresentava fino a quel momento. In una dichiarazione ufficiale Blake Lively ha detto: “Spero che la mia azione legale possa alzare il velo su queste sinistre tattiche di ritorsione che minano le persone che denunciano atteggiamenti inappropriati”. Quella che sembra una lotta di pr tra celebrità in realtà nasconde un più inquietante caso di manipolazione dell’opinione pubblica: certi sottili meccanismi di viralità social ci spingono verso alcune opinioni preconfezionate senza che ne siamo integralmente consapevoli. E se ciò è rivolto contro una donna, legata del resto a un film come It Ends With Us che parla di violenza sulle gentil sesso, tutto si fa ancora più inquietante.
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di Paolo Armelli www.wired.it 2024-12-23 08:30:00 ,