I clienti sono già stati avvertiti: questa è una scommessa con le biotecnologie future. Perché un conto è risvegliare dal congelamento qualche ovulo o spermatozoo, un’altra cosa è riscaldare un corpo rimasto a lungo congelato senza danneggiarlo, farlo ringiovanire (se no perché farsi proiettare in un lontano futuro in cui non ci sono più né amici né parenti?) e guarire, ma prima ancora farlo resuscitare. Perché qui non stiamo parlando dell’ibernazione nei viaggi spaziali, studiatissima e che comporta una sorta di letargo che riduce il metabolismo, ma della conservazione al freddo (crioconservazione) di cadaveri, come la propongono poche aziende al mondo, tra cui la recente start up tedesca Tomorrow Biostasis, fondata dal trentottenne medico berlinese Emil Kendziorra.
Come funziona
Il servizio si rivolge alle persone affette da una malattia letale ma che vogliono avere una seconda chance. Immediatamente dopo la morte interviene quindi la Tomorrow Biostatis con le sue ambulanze appositamente riconvertite. “Iniziamo immediatamente a raffreddare la vettura. Allo stesso tempo eseguiamo compressioni toraciche e somministriamo ossigeno tramite una maschera respiratoria”, spiega il dr. Kendziorra. Ovviamente, non si vuole resuscitare il cadavere, ma ritardare la morte cellulare, che inizia subito. “Rimangono esattamente come sono morti. Li raffreddiamo e li portiamo in Svizzera il più rapidamente possibile”. Destinazione finale il canton Zurigo, nei magazzini di Rafz, un piccolo centro che non è stato scelto a caso: la criminalità è praticamente assente, il rischio di alluvioni e sismi appare improbabile. Qui, i corpi sono attesi in magazzini dotati di contenitori di acciaio alti 3 metri, pieni di azoto liquido. E qui comincia la lunga attesa del risveglio.
La rinascita (chissà?)
“Forse ci vorranno 100, 300, 500 anni prima che sia possibile far rivivere, guarire e ringiovanire un organismo umano”, ha dichiarato il medico, che non intende certo nascondere la verità. Finora, non si sono ottenuti grandi risultati. Di rado c’è qualche passo avanti, come avvenne nel 2016, quando un team di scienziati vinse il premio della Brain Preservation Foundation per essere riusciti a scongelare senza danni un cervello di coniglio, dopo cinque anni di esperimenti. Ma da qui a provarci con un cervello umano… Comunque sia, la Tomorrow Biostasis promette il mantenimento del corpo congelato per più di 100 anni. Proprio per questo servono i 200.000 € che, come spiega il inventore, saranno per la maggior parte utilizzati da una fondazione che si occuperà di investirli per poter mantenere la crioconservazione a lungo. Ma cosa sono 200.000 € davanti a una nuova vita, lunga e in salute? Così, anche se la scommessa appare del tutto azzardata, le richieste fioccano da un’ottantina di città europee. Ci sono già 400 persone in lista d’attesa, soprattutto uomini di età media tra 25 e 45 anni, in particolare professionisti – scienziati, informatici, ingegneri. Prima di loro, molte altre persone lo hanno già fatto: al momento sono già circa 400 le persone crioconservate, di cui 4 nei nuovi impianti svizzeri.
Una vecchia storia
Di ibernazione si parla da molto tempo, sopratutto nei film di fantascienza, e contrariamente a quanto si possa pensare la pratica è entrata in uso negli anni ‘60. Per primo ci provò Evan Cooper, che si presentava come “il primo crio-attivista” e fondò la Life Extension, che prese poi l’attuale nome di Alcor. Ma i “candidati” morirono all’improvviso e non fu possibile recuperare i cadaveri in tempo. La prima crioconservazione risale dunque al 1967. L’uomo era un docente di psicologia dell’università della California, deceduto a 73 anni per un tumore. Il suo corpo è ancora nei magazzini dell’azienda. Nel 1991 fu trasferito dal contenitore originario a uno tecnologicamente più avanzato e sottoposto a esame. In quell’occasione l’azienda dichiarò: “Un esame esterno rivela un maschio ben nutrito che appare più giovane dei suoi 73 anni. Dall’esame il corpo sembra essere rimasto ad una temperatura molto sotto lo zero per tutta la durata della conservazione”. A tanto può spingere il desiderio di immortalità, del resto insito nell’animo umano. Morire spiace a tutti, ma forse sarebbe meglio pensare che non importa quanto sia grande la torta, l’importante è che ogni fetta sia squisita.
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di Giuliana Lomazzi
www.ilfattoquotidiano.it
2024-05-28 14:14:39 ,