Brasile diviso e in crisi, si va alle urne

Brasile diviso e in crisi, si va alle urne

Brasile diviso e in crisi, si va alle urne


L’inverno cede il passo alla primavera australe mentre un Brasile dilaniato si avvia alle urne. Sono 156 milioni gli elettori chiamati al voto domenica 2 ottobre. La sfida è, ancora una volta, tra Luiz Inácio Lula da Silva, già eletto per due mandati dal 2003 al 2011, candidato per la sinistra e appoggiato (silenziosamente) da Washington, e Jair Bolsonaro, presidente uscente, campione della destra conservatrice, populista e negazionista.

Una contesa che si sarebbe consumata già nel 2018, se Lula non fosse stato incarcerato a pochi giorni dal voto dal giudice Sergio Moro, futuro ministro della Giustizia nel governo del vincente Bolsonaro. La disavventura gli costò 580 giorni di prigione. Nel 2021 la Corte Suprema aveva stabilito che Moro non era imparziale e agiva di comune accordo con la pubblica accusa.“Non serbo rancore”, ha affermato nei giorni scorsi Lula tornando a Curitiba, dove fu detenuto, nell’estremo tentativo di provare a pacificare un paese che rischia di scivolare nel baratro. 

Un altro mondo

La consultazione arriva in uno dei momenti peggiori dalla fine della dittatura nel 1985. Oltre 33 milioni di persone (un sesto della cittadinanza) patiscono la fame, l’inflazione è in crescita, il disboscamento in Amazzonia avanza a ritmi serrati. Bolsonaro ha isolato il paese sul piano internazionale: non dialoga coi vicini governati dalla sinistra, ha tagliato i ponti con l’Africa (tra gli altri, con Mozambico e Angola, paesi di lingua portoghese), si è attirato malanimo nelle cancellerie esprimendo apprezzamenti discutibili come quelli sull’età e l’aspetto fisico della moglie del presidente francese Emmanuel Macron: colpevole, quest’ultimo, di attaccarlo sui numerosi, devastanti incendi nel polmone verde. 

Lula, dal canto suo, prova a normalizzare il Paese proponendo il ricordo di un’epoca felice, quella in cui era accreditato come nuova icona del socialismo mondiale e il Brasile rappresentava la prima lettera del fortunato acronimo Brics. Erano gli anni del movimento no-global, dei forum sociali (al 2002 risale il primo, quello di Porto Alegre); ma, soprattutto, quelli del boom delle commodity, i cui proventi l’allora presidente seppe sfruttare per provare a impiantare standard minimi di giustizia sociale in un Paese squarciato dalle disuguaglianze. La ricetta funzionò, e portò il Brasile fuori dalla lista delle Nazioni Unite degli Stati più poveri. Compagine della quale è recentemente tornato a far parte.

Sondaggi fino all’ultimo e voto elettronico

Gli ultimi sondaggi danno Lula al 48%, vicino a quel 50% che gli servirebbe per vincere al primo turno. “Qui le rilevazioni possono essere diffuse fino a due giorni prima del voto”, spiega Andrea Torrente, giornalista italiano residente nel paese dal 2009. Nessun rischio di influenzare le masse? “Il pericolo ovviamente esiste, ma è parzialmente mitigato dai regolamenti. Gli istituti di rilevazione devono registrare i sondaggi presso il Tribunale superiore elettorale, rendendone noti campioni e modalità, e mantenerli sempre accessibili a chiunque”, prosegue Torrente.

Dal 1996 il paese, tra i primi al mondo, utilizza il voto elettronico (la cui sicurezza di fondo è stata ampiamente messa in discussione da esperti del settore da tempo). “Invece della scheda, ci si ritrova in mano un piccolo computer su cui si digita il numero del candidato – prosegue Torrente -.  Quando le urne chiudono, il sistema stampa il risultato del voto, che è provvisto di certificazione digitale. Il tribunale elettorale poi provvede a diffondere il risultato, che si conosce nel  giro di un’ora. Il sistema è utilizzato per le consultazioni federali e locali e a oggi non si è mai verificata nessuna frode”. Per evitare attacchi informatici i dispositivi non sono collegati a internet, né è possibile connetterlo in alcun modo. Il codice sorgente è aperto affinché chiunque possa identificare falle, ed è in costante aggiornamento: partiti politici, polizia federale e forze armate possono ispezionarlo in qualsiasi momento. 

Rischi per il ballottaggio

La sfida di Lula, si diceva, è vincere al primo turno. In caso contrario, si andrà al ballottaggio il 30 ottobre.Ma in quel caso, c’è il rischio che la violenza aumenti”, riprende Torrente. Dopo aver affermato che tutti dovrebbero avere un fucile, “Bolsonaro ha reso più semplice l’accesso alle armi. Sono molti i brasiliani che girano armati. E in Rete è facile trovare video di persone che vanno al poligono a sparare: ma, al posto del bersaglio, mettono foto di Lula”, prosegue il giornalista.



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di Antonio Piemontese www.wired.it 2022-10-01 12:00:00 ,

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