È finalmente uscito The Woman in Me, l’atteso e chiacchieratissimo memoir di Britney Spears (edito in Italia da Longanesi). “I’m just trying to find the woman in me” è un verso di una delle canzoni più intime della popstar americana, I’M Not a Girl, Not Yet a Woman. Del resto ora sappiamo che per tanti anni Spears non voleva essere quello che gli altri la costringevano ad essere: dopo lunghe battaglie in tribunale, supportata dai fan più accaniti, la cantante è riuscita ad emanciparsi dalla tutela legale a cui l’aveva sottoposta il padre Jamie, togliendole il controllo sia sul suo business sia sulle sue scelte più quotidiane. Nonostante le preoccupazioni per il suo equilibrio mentale siano ancora all’ordine del giorno (di recente ha ballato su Instagram brandendo dei coltelli, a sua detta però finti), lei ha deciso con questa operazione editoriale di riprendere in mano le redini della sua storia, riappropriarsi di un’immagine che per decenni è stata gestita e distorta da altri. Il risultato agrodolce è al contempo pieno di libertà ma anche di amarezza, risentito e riflessivo, in un mix di recriminazioni, rimpianti e ribadite ingenuità.
Ascesa e caduta di una stella
Nel libro la cantante si lascia andare a rivelazioni che sono in parte eclatanti, in parte in qualche modo prevedibili: parla per esempio della rottura con Justin Timberlake, suo fidanzato storico (anche se sono stati insieme “solo” dal 2000 al 2002), che a quanto pare l’avrebbe convinta ad abortire dopo una gravidanza inaspettata per la quale, secondo lui, non erano pronti; ricorda anche con sollievo il fatto di non aver ottenuto la parte nel romance cult The Notebook, parlando dello stress che già aveva subito nel suo precedente film, Crossroads; affronta soprattutto distesamente il tema della conservatorship alla quale l’aveva sottoposta il padre dal 2008, privandola della sua libertà di donna, riducendola a una “ragazza robot”. E ancora interviste che non facevano altro che indagare nel torbido del suo privato, dipendenze da anfetamine, ritmi di lavoro massacranti, attacchi di panico (come quando faceva la giudice a X Factor Us), un tormentato rapporto coi figli che non riesce più a vedere quanto vorrebbe e così via.
Ne esce davvero il ritratto di una vita piena di dolori, frustrazioni, occasioni mancate e soprattutto fiducia tradita. Ci sono anche, però, i momenti memorabili di una carriera che è stata, al di là delle critiche e degli alti e bassi, davvero notevole: dal successo di Baby… One More Time – di cui proprio in questi giorni ricorre il 25esimo anniversario – alla famosa esibizione col serpente ai Video Music Awards del 2001 (ma ricorda anche di essere stata terrorizzata dal rettile che, a un certo punto, alza la testa e le soffia contro). Da lettori, non possiamo fare a meno di provare un moto di empatia sperticata verso una persona che, gettata nell’agone della media frenzy fin da piccolissima, si è persa più volta sulla strada di un celebrità quasi sempre asfissiante, impreparata probabilmente a gestirne le insidie più pericolose. Eppure, sempre da lettori, non facciamo che alimentare l’ennesimo progetto che – ne sia lei consapevole o no – sminuzza ulteriormente la sua vita privata e la dà in pasto al pubblico nelle sue più minuscole frattaglie.
Tra le righe, non si può fare a meno di notare l’atteggiamento di una donna ferita, giustamente ferita verrebbe da aggiungere, ma che in fondo è spinta ancora una volta a usare il suo privato come l’unica merce di scambio che in fondo abbia mai conosciuto. Ovviamente, come spesso accade nella maggior parte delle iniziative di showbiz, la leva economica non è indifferente: si dice che, alla firma del contratto con l’editore americano Simon & Schuster nel febbraio 2022, Britney Spears abbia ricevuto 15 milioni di dollari, una delle cifre più alte nella storia dei contratti editoriali. Perché i soldi servono anche per compensare e risollevarsi da anni di prevaricazione e oblio, sperando prima o poi di rivedere sul palco la Britney che tutti conoscevamo. O credevamo di conoscere.
Leggi tutto su www.wired.it
di Paolo Armelli www.wired.it 2023-10-25 07:37:09 ,