Author: Cesare Giuzzi e Alessia Rastelli
Data : 2023-01-27 21:25:29
Dominio: www.corriere.it
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La senatrice a vita, nel giorno della Memoria, ricorda i giorni della deportazione. Per le ingiurie contro Segre ci sono 20 indagati, compreso un dirigente della Lega
«Arrivammo in questo posto buio, non capivamo niente. Ci spinsero dentro il treno a calci e pugni, ci sputarono, era qualcosa che andava al di là dell’immaginazione più spaventosa. La gente piangeva, si disperava». Da quell’antro oscuro, sottostante i binari ordinari della Stazione Centrale di Milano, Liliana Segre fu deportata a 13 anni «per la sola colpa d’essere nata». Chiusa in un carro bestiame diretto ad Auschwitz. Ieri sera, nel Giorno della Memoria, ha rivissuto quei momenti con Fabio Fazio, nel corso della diretta televisiva Binario 21, trasmessa da Rai 1. E ha ribadito di non poter perdonare, ma di non odiare. «Sono diventata mamma. Non avrei mai potuto odiare».
È stata la stessa senatrice a vita a guidare gli spettatori in un luogo di dolore estremo, ma attorno al quale si è spesa perché venisse realizzato il Memoriale della Shoah di Milano: un polo per non dimenticare e insieme un centro di cultura che, lo scorso giugno, ha accolto anche la biblioteca e l’archivio del Centro di documentazione ebraica contemporanea (Cdec). Il dialogo tra Segre e Fazio è iniziato sotto la scritta «Indifferenza», impressa a caratteri cubitali all’ingresso del Memoriale. E ha attraversato anche altri luoghi di Milano, come la dimora dove la futura senatrice abitò bambina; le elementari Ruffini, da cui fu cacciata a otto anni. E, ancora, il carcere di San Vittore, dove fu rinchiusa prima della deportazione.
Ieri, proprio nel Giorno della Memoria, venti persone — 17 uomini e tre donne di diverse regioni d’Italia — sono state segnalate dai carabinieri di Milano alla Procura per le ingiurie postate sul web contro la senatrice. Tra gli indagati, anche il 71enne Nicola Barreca, eletto da un mese segretario cittadino della Lega di Salvini a Reggio Calabria. E poi, Chef Rubio, medici, professionisti e anche disoccupati. L’accusa, per tutti, è diffamazione a mezzo telematico con l’aggravante delle motivazioni religiose, etniche o razziali. Era stata la stessa Segre a rivolgersi ai carabinieri lo scorso 6 dicembre e ora, a una serie di profili anonimi, è stato dato un nome.
Ma alla storia della senatrice, sempre ieri, si sono aggiunti tasselli preziosi. Esposta nella Sinagoga di Siena c’è una lettera, datata 26 gennaio 1946 ed emersa da poco, del nonno di Liliana Segre, Alfredo Foligno, scampato alla Shoah. Dopo la guerra quest’ultimo, quando aveva già riabbracciato la nipote, scrisse al rabbino della città toscana: «Voglio sperare che Dio, che mi ha dato la grazia di riavere la mia nipotina Liliana, mi conceda la gioia di riabbracciare mio genero». Quel genero, Alberto Segre, padre di Liliana, non tornò. Ieri dal Memoriale, il sindaco Beppe Sala, ha detto che gli sarà conferito l’Ambrogino d’oro.
27 gennaio 2023 (modifica il 27 gennaio 2023 | 23:13)
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