Caricamento player
Rispettivamente alle 10 e alle 10.30 sono cominciate le prime sedute della nuova legislatura, la diciannovesima, alla Camera dei deputati e al Senato. È il giorno di insediamento per i parlamentari eletti lo scorso 25 settembre, e la prima cosa che devono fare è eleggere i nuovi presidenti: nelle modalità e nella velocità dell’elezione dei due presidenti si misurerà già una parte della tenuta della coalizione di destra che ha vinto le elezioni.
La maggioranza di Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia è ampia e permette di eleggere i propri candidati nel giro di poche votazioni: attualmente sembra che la coalizione abbia un accordo per eleggere Ignazio La Russa come presidente del Senato, mentre è un po’ più incerta la situazione alla Camera, dove si pensa possa essere eletto un esponente della Lega, forse l’ex capogruppo Riccardo Molinari (ma con ogni probabilità non succederà oggi).
La seduta alla Camera è stata aperta da Ettore Rosato di Italia Viva in quanto ex vicepresidente più anziano, quella al Senato da Liliana Segre, in quanto senatrice più anziana presente in aula (Giorgio Napolitano, che è più vecchio, non partecipa da tempo alle sedute per ragioni di salute). Almeno al Senato ci si aspetta di arrivare all’elezione del presidente già in giornata, dal momento che la coalizione di destra può contare in tutto su 115 senatori su 206 (compresi i 6 a vita): è un numero sufficiente a eleggere il presidente entro i primi due scrutini, in cui basterà la maggioranza assoluta dei componenti (cioè più della metà, almeno 104).
La seduta della Camera si può seguire a questo link.
Se così non dovesse essere, in base alle regole del Senato il terzo scrutinio si svolgerà domani, e in quel caso servirà la maggioranza assoluta dei presenti per eleggere il nuovo presidente. Se non si dovesse trovare un accordo nemmeno al terzo, il quarto si terrebbe sempre domani con un ballottaggio tra i due candidati più votati nel terzo scrutinio, e a quel punto si arriverebbe certamente a un’elezione (in caso di parità sarebbe eletto il più anziano).
La destra però ha tutto l’interesse a mostrarsi compatta in vista dell’incarico di governo, dopo mesi di campagna elettorale in cui i suoi esponenti hanno spesso insistito sulla maggiore solidità della coalizione rispetto alle forze politiche avversarie. Per questo negli ultimi giorni i tre leader principali della coalizione – Giorgia Meloni per Fratelli d’Italia, Matteo Salvini per la Lega e Silvio Berlusconi per Forza Italia – si sono incontrati più volte e hanno lavorato per arrivare a un accordo che permetta un’elezione già entro la prima giornata di scrutini.
La presidenza del Senato, la più prestigiosa delle due, dovrebbe spettare a un esponente di Fratelli d’Italia, il partito che ha preso più voti alle elezioni e che guiderà la coalizione di governo. Dovrebbe essere per l’appunto Ignazio La Russa, che ha 75 anni ed è già stato vice presidente del Senato e della Camera e ministro della Difesa, ed è in parlamento dal 1992. È uno storico esponente della destra italiana, e fin da giovane militò nel Movimento Sociale Italiano, il principale partito post-fascista.
Secondo le ricostruzioni più accreditate l’accordo tra i leader di destra prevede che la presidenza della Camera spetti invece a un esponente della Lega, il secondo partito della coalizione, e il favorito dovrebbe essere Riccardo Molinari, che di anni invece ne ha solo 39 e diventerebbe così il secondo più giovane presidente della Camera di sempre dopo Irene Pivetti, anche lei della Lega, che quando fu eletta nel 1994 aveva solo 31 anni. Molinari è piemontese, è in parlamento solo dal 2018 e ha fatto una carriera piuttosto rapida e recente arrivando ai vertici della Lega.
Questo accordo sulla spartizione delle presidenze delle camere è legato strettamente alle trattative dei partiti di destra riguardo alla composizione del prossimo governo, quello presumibilmente guidato da Meloni e che si formerà tra la prossima settimana e quella dopo. Per giorni si è scritto e detto delle pretese di Salvini sul numero di ministeri per i leghisti, e negli ultimi due giorni sembra che anche Forza Italia abbia avuto qualcosa da ridire.
Diversi giornali, tra cui Repubblica e il Corriere della Sera, scrivono che Berlusconi non sarebbe soddisfatto delle promesse fatte da Meloni sul ruolo che avrà Forza Italia nel governo: in particolare si parla molto di Licia Ronzulli, tra le maggiori esponenti di Forza Italia e molto vicina a Berlusconi, per cui quest’ultimo avrebbe chiesto un ministero che al momento Meloni non sembra voler garantire.
Anche per questo diversi giornali sono cauti nel presentare le due elezioni come già chiuse: gli scrutini delle votazioni sono segreti e c’è la possibilità che dentro Forza Italia ci siano “franchi tiratori”, parlamentari che votano contro le indicazioni del partito. Sembra comunque uno scenario poco probabile, perché per la coalizione di destra mostrarsi disunita alla prima occasione sarebbe un plateale disastro, e un pessimo auspicio in vista della formazione del governo.
Alla Camera in ogni caso non si dovrebbe arrivare all’elezione entro giovedì, per via delle maggioranze necessarie nei primi scrutini: al primo serve una maggioranza dei due terzi dei componenti (quindi 267 voti); al secondo e al terzo una maggioranza dei due terzi dei voti espressi (quindi il numero può variare), all’interno dei quali si contano anche le schede bianche; dal quarto in poi basta la maggioranza assoluta dei voti, cioè più della metà.
A meno che altre forze politiche esterne alla maggioranza decidano di votare per il candidato proposto dalla destra – cioè Molinari – è molto improbabile che il presidente della Camera si elegga prima del quarto scrutinio, visto che la destra non ha una maggioranza dei due terzi dei componenti. Il quarto scrutinio si terrà in ogni caso venerdì mattina.
Prima del 1992 era prassi concedere all’opposizione la presidenza di una delle due camere, ma con il bipolarismo degli anni Novanta, e con la fine della Guerra fredda che fece cadere il tabù della sinistra comunista al governo, questa prassi venne abbandonata. A rompere la tradizione fu il centrodestra di Silvio Berlusconi nel 1994, quando al Senato fu eletto Carlo Scognamiglio di Forza Italia e la presidenza della Camera fu data a un altro partito della maggioranza, la Lega Nord, con Irene Pivetti.
– Leggi anche: Cosa fanno i presidenti di Camera e Senato
Leggi la notizia su: Politica – Il Post
LEGGI TUTTO
, 2022-10-13 06:56:26 ,
Il post dal titolo: Camera e Senato eleggono i loro nuovi presidenti scitto da il 2022-10-13 06:56:26 , è apparso sul quotidiano online Politica – Il Post dove ogni giorno puoi trovare le ultime notizie dell’area geografica relativa a Politica