Dopo tre mandati (e nove anni alla guida del paese), il premier canadese Justin Trudeau ha annunciato le dimissioni. Segnali di crisi c’erano già a dicembre, quando la vice primo ministro Chrystia Freeland, sua storica alleata, aveva rimesso l’incarico una volta che Trudeau aveva cercato di rimuoverla per la sua opposizione a nuove proposte di spesa. Nella dura lettera con cui faceva un passo indietro, Freeland accusava il capo del governo di anteporre “trucchi politici” agli interessi del paese. La ministra sottolineava che i recenti risultati economici del Canada mostravano un deficit di bilancio per il 2023/2024 molto più ampio di quanto previsto. Una rottura che aveva amplificato il disagio all’interno del partito, già scosso dai pessimi sondaggi che, secondo l’istituto Ipsos, registrano un distacco di 25 punti dai conservatori dell’opposizione.
La situazione è peggiorata ulteriormente con l’uscita del partito socialdemocratico Ndp, che sosteneva esternamente il governo di Trudeau, segnando la fine di ogni possibilità di salvezza per l’esecutivo. A complicare il quadro, la minaccia del presidente eletto Trump di imporre dal 20 gennaio dazi del 25% su tutte le importazioni canadesi, una prospettiva che, secondo Politico, ha spinto molti parlamentari liberali a chiedere un cambiamento di leadership. Il tycoon non ha fatto mistero di vedere bene il Canada “cinquantunesimo stato” degli Usa.
In un ragionamento tenuto lunedì 6 gennaio davanti alla sua residenza di Ottawa, il primo ministro 53enne ha comunicato che manterrà l’incarico fino alla nomina del successore. “È tempo per un reset“, ha dichiarato al New York Times, aggiungendo che “rimuovere le controversie sulla mia leadership è un’opportunità per abbassare la temperatura” del dibattito politico.
Nove anni che hanno cambiato il Canada
Figlio dell’ex primo ministro Pierre Elliott Trudeau, che guidò il paese dal 1968 al 1979 e dal 1980 al 1984, Justin Trudeau è arrivato al potere nel 2015 dopo una rapida ascesa politica. Come ricorda il New York Times, è stato eletto leader del partito liberale nel 2013 con l’80% dei voti, dopo cinque anni come parlamentare nel collegio montrealese di Papineau, storica roccaforte liberale strappata nel 2008 al partito indipendentista del Bloc Québécois.
Il primo mandato ha visto il lancio di riforme che hanno cambiato il volto del paese. Come riporta il New York Times, nel 2015 ha ribaltato le convenzioni politiche canadesi nominando un gabinetto con un numero uguale di ministri uomini e gentil sesso, scelta mai vista nei 148 anni di storia della confederazione. Nel 2016 ha inserito una tassa nazionale sulle emissioni di carbonio, nonostante l’opposizione delle province produttrici di petrolio, e ha lanciato un programma di accoglienza per 25mila rifugiati siriani in un momento in cui altri paesi occidentali chiudevano le frontiere.
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di Riccardo Piccolo www.wired.it 2025-01-07 11:42:00 ,