L’analisi dei big data per migliorare i risultati dell’immunoterapia contro il cancro. Una strategia terapeutica che per i tumori non solidi sta registrando risultati più che incoraggianti dalle terapie a base di Car-T, per quelli solidi, mentre si studiano immunizzazioni a mRna sul modello di quelli contro il nuovo coronavirus, l’immunoterapia oggi più efficace è rappresentata dagli anticorpi monoclonali. Che grazie al digitale potrebbe compiere un salto di qualità, aumentando la propria efficacia.
Sono, tutte, terapie che sfruttano, potenziandola, la capacità del sistema immunitario di combattere le cellule tumorali. “Negli ultimi dieci anni, l’immunoterapia ha rivoluzionato il trattamento di buona parte dei principali tumori solidi”, spiega a Wired Matteo Simonelli, referente degli studi di fase I all’Humanitas Cancer Center nonché ospite dell’edizione 2023 di Wired Health.
“In oncologia solida”, prosegue, “gli agenti di maggior successo sono gli anticorpi monoclonali, che vanno a legarsi ad alcuni recettori delle cellule immunitarie normalmente coinvolti nell’evoluzione della risposta immunitaria”. Una sorta di interruttore che viene sfruttato dal tumore “per ridurre la capacità del sistema immunitario di combatterlo”. Questa immunoterapia, per proseguire nella metafora, riaccende l’interruttore.
Terapie, prosegue Simonelli, che “hanno avuto un successo importante soprattutto in alcune patologie, determinando risposte e remissioni molto durature”. Il guaio è che queste “remissioni molto durature” riguardano oggi solo una quota di pazienti compresa tra il 20 ed il 30%. Per alzare questa soglia, nell’attività clinica i monoclonali sono abbinati a “metodiche e strategie anticancro già note: la chemioterapia, la radioterapia, le terapie a bersaglio molecolare, altre forme di immunoterapia”.
Il punto è che “ci sono pazienti che rispondono e altri che non rispondono. Abbiamo visto che l’efficacia varia perché diverse sono le relazioni tra il tumore e il sistema immunitario del paziente”. E quale può essere un modo per capire quali terapie affiancare ai monoclonali per ottenere un risultato positivo per il paziente? L’analisi dei big data.
O almeno è questo che vuole provare a fare l’Humanitas Cancer Center. “Si tratta di cercare dei biomarcatori che permettano di capire quali pazienti rispondano ad un certo tipo di terapia, rispetto ad altri per i quali non sarà invece efficace”, spiega Simonelli. L’obiettivo è quello di proporre subito una terapia più efficace, risparmiando quel tempo che in una patologia oncologica è un elemento fondamentale. E anche, aspetto non banale, soldi che sarebbero sprecati proponendo ad un paziente dei farmaci che non lo aiutano.
“Quello che vogliamo fare nei nostri laboratori è andare in profondità nelle dinamiche tra tumore e sistema immunitario, analizzando i dati a livello di singola cellula. Una modalità che ci consente di ricavare una quantità di variabili estremamente elevata”. Oltre a capire in anticipo il successo o meno di una terapia, l’auspicio è che questo tipo di analisi “permetta di identificare dei target terapeutici ancora non conosciuti e di spiegare alcuni tipi di tossicità degli agenti immunoterapici”.
Aspetto, quest’ultimo, che potrebbe attirare l’attenzione, oltre che le risorse, delle case farmaceutiche: “un’analisi di questo tipo può consentire anche delle ricerche sui meccanismi di azione degli stessi farmaci”. Tutti discorsi da declinare al futuro, ovviamente, in attesa che i dati vengano raccolti e dati in pasto agli algoritmi.
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di Riccardo Saporiti www.wired.it 2023-03-20 10:13:21 ,