di Kevin Carboni
Niente di fatto nemmeno sulla cannabis. Dopo il giudizio di inammissibilità del quesito sull’eutanasia, i giudici della Corte costituzionale hanno bocciato anche la proposta di referendum sulla depenalizzazione della cannabis. Così, in primavera, si voterà soltanto sulle quattro proposte in tema di giustizia approvate dalla Consulta, in un periodo compreso tra il 15 aprile e il 15 giugno. Come nel caso dell’eutanasia l’Italia rimarrà dunque ferma dov’è. Nonostante l’Organizzazione delle nazioni unite abbia riconosciuto le proprietà terapeutiche della cannabis, rimuovendola dall’elenco delle sostanze pericolose per gli esseri umani, nel nostro paese la sua coltivazione e il suo consumo personale resteranno un tabù.
L’obiettivo del referendum era infatti di depenalizzare la coltivazione di cannabis ed eliminare le pene detentive per qualsiasi condotta legata esclusivamente alla cannabis e ai suoi derivati, tranne nel caso del traffico illecito. Infatti, il quesito referendario chiedeva di eliminare il verbo “coltiva” e l’espressione “reclusione da due e sei anni” per gli illeciti connessi alla cannabis dal comma 1 dell’articolo 73 del Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope. Mentre sarebbe rimasto punibile chiunque “produce, fabbrica, estrae, raffina”. Lasciando in questo modo invariate le sanzioni per produzione su larga scala e raffinazione, come per le coltivazioni di coca o di papavero da oppio, che per essere consumate devono essere estratte e raffinate.
Inoltre, sul piano amministrativo, il quesito avrebbe eliminato la sanzione della sospensione della patente di guida e del certificato di idoneità per la guida di ciclomotori, per chiunque sia in possesso di sostanze stupefacenti.
Tuttavia, in base alle dichiarazioni della Consulta, il referendum avrebbe invece concesso la coltivazione di altre piante, come appunto quella di coca e il papavero da oppio. Questo avrebbe portato l’Italia a violare alcuni trattati internazionali, di conseguenza i giudici della Corte costituzionale hanno valutato inammissibile il quesito referendario.
Giustizia
Sono stati invece accettati dalla Consulta quattro dei sei quesiti in tema di giustizia proposti da alcune amministrazioni regionali. Si tratta dei quesiti relativi alla limitazione della custodia cautelare in carcere; all’abrogazione delle disposizioni sull’incandidabilità e divieto di ricoprire cariche elettive e di governo, nei confronti delle persone con una condanna definitiva a più di due anni; alla possibilità per i magistrati di cambiare carriera da giudici a pubblici ministeri e viceversa; e all’eliminazione della raccolta firme necessarie per candidarsi al Consiglio superiore della magistratura.
“Questi quesiti” si legge in una dichiarazione della Consulta riportata dal Corriere della sera “sono stati ritenuti ammissibili perché le rispettive richieste non rientrano in alcuna delle ipotesi per le quali l’ordinamento costituzionale esclude il ricorso all’istituto referendario”.
Eutanasia
Niente di fatto, come già detto, anche sull’eutanasia, il cui quesito è stato giudicato inammissibile di giudici. La Corte costituzionale si è limitata a sostenere che il referendum non avrebbe preservato “la tutela minima costituzionalmente necessaria della vita umana” ma deve ancora pubblicare le motivazioni della sentenza. Nel frattempo, le associazioni promotrici della legalizzazione dell’eutanasia hanno annunciato che continueranno le loro mobilitazioni, battaglie legali e azioni di disobbedienza civile. Mentre il Parlamento ancora non accenna a voler affrontare la questione e riaprire la discussione su una legge ferma da anni.
Secondo il presidente della Corte, Giuliano Amato, il problema è del parlamento e la Corte non può risolverlo. Inoltre, sempre secondo le parole di Amato “il referendum avrebbe concesso l’omicidio del consenziente in molti più casi rispetto a quelli limitati alle persone affette da malattie incurabili”, per questo la Corte lo ha giudicato inammissibile.
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www.wired.it
2022-02-16 17:24:32