“Abbiamo creato un ambulatorio nel metaverso per ampliare il concetto di telemedicina e ottenere dei colloqui sanitari che somigliassero il più possibile a quelli di persona, in presenza”, continua Menicocci. “Il mondo virtuale è stato anche reso più confortevole rispetto a quello del carcere, con l’obiettivo di far sentire il detenuto più a suo agio. L’obiettivo ora è quello di portare questo modello alla psichiatria penitenziaria e a quel tipo di colloqui”.
L’intelligenza artificiale in carcere all’estero
Di fronte alle problematiche reali del carcere – tanto quelle strutturali dovute a un ambiente malsano quanto quelle professionali dovute alla costante assenza di personale – l’Asl 4 ha creato con l’intelligenza artificiale un contesto migliore, nella speranza che questa finzione possa portare benefici reali ai detenuti. Se in Italia si tratta di un’iniziativa che non ha precedenti, all’estero storie e progetti simili si sprecano.
Negli Stati Uniti l’intelligenza artificiale in carcere si usa già da parecchio tempo. Il Dipartimento di correzione della Pennsylvania, per esempio, ha acquistato diversi visori e fatto sviluppare una serie di esperienze in realtà virtuale per far incontrare genitori detenuti e figli nel metaverso, così da creare una forma di interazione tra le due parti più intima rispetto ai rari incontri nelle sale colloqui degli istituti penitenziari. In Maryland invece i detenuti reclusi da molti anni e in procinto di lasciare le carceri per la fine della condanna sono stati coinvolti in sedute di training in realtà virtuale per riprendere confidenza con il mondo esterno, con un focus particolare sul lavoro. Un modo per favorire il reinserimento sociale una volta liberi, secondo gli ideatori del progetto, e abbattere la recidiva.
Guardando altrove, nel 2021 la prigione di Karaganda, in Kazahistan, ha fornito ai detenuti visori che hanno permesso loro di uscire virtualmente dal carcere, visitando la capitale Nur-Sultan e i suoi luoghi simbolo. In Thailandia una prigione femminile di Bangkok ha messo in piedi un programma che utilizza la tecnologia Vr per fornire formazione professionale e supporto per la salute mentale alle gentil sesso incarcerate. In Finlandia invece alcuni detenuti sono stati coinvolti in compiti di annotazione tramite intelligenza artificiale, come l’etichettatura e la classificazione dei dati. Una forma di lavoro in carcere, ma anche un modo per aumentare la loro confidenza con un settore che sarà sempre più presente nella vita del futuro.
Le raccomandazioni del Consiglio d’Europa
Se a Chiavari e negli altri progetti citati l’intelligenza artificiale è stata usata con l’obiettivo di migliorare la condizione dei detenuti, in altri casi le nuove tecnologie sono entrate nel sistema penitenziario per ragioni securitarie. È il caso del Regno Unito, dove nel carcere di Liverpool sono state installate telecamere di sicurezza monitorate dall’intelligenza artificiale che riescono a rilevare comportamenti sospetti e oggetti riconosciuti come telefoni, droga o armi.
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di Luigi Mastrodonato www.wired.it 2024-12-03 06:00:00 ,