C’è grande rumore attorno al nome di Carmelo Miano, il pirata informatico 23enne arrestato qualche settimana fa a Roma con l’accusa di aver violato i sistemi di sicurezza di Guardia di Finanza, incarico di Giustizia e altre istituzioni e aziende italiane. Secondo quanto portato alla luce dalle indagini condotte dalla procuratrice Erica Battaglia, il giovane si è infiltrato in modo permanente nel sistema giudiziario italiano, così da potere seguire da vicino alcune delle inchieste sul suo conto.
Come racconta IrpiMedia in un’inchiesta dettagliata su Miano, infatti, l’hacker è riuscito a stabilire la sua base all’interno della Direzione generale per i sistemi informatizzati (Dgsia) del incarico della Giustizia, a Napoli, così da intercettare messaggi di posta elettronica, documenti e fascicoli “segreti” a cui solitamente hanno accesso soltanto i procuratori. Ma Carmelo Miano non è stato solo un hacker che ha bucato il sistema Giustizia italiano per reperire informazioni sul suo conto (un processo penale in cui era indagato). Le indagini hanno disegnato il profilo di un criminale vero e proprio, coinvolto in traffico di droga, vendita di armi e molto altro.
Icarus market, la droga e la Russia
Non solo un hacker, dunque. Il giovane siciliano risulta coinvolto in una serie di attività criminali con il vice-sovrintendente di polizia Ivano Impellizzeri, in servizio a Gela. Nello specifico, IrpiMedia fa riferimento a un’indagine condotta dalla procura di Brescia nel 2020, secondo cui Miano e il suo “socio” sarebbero stati coinvolti nella gestione dell’Icarus Market, una piattaforma fraudolenta – accessibile tramite rete Tor – dedicata alla vendita illegale di droga e armi di piccolo taglio. Ad avvalorare questa ipotesi c’è il fatto che il portale sia del tutto scomparso dopo l’arresto di Miano, il che fa pensare che questi abbia cercato di eliminare quanto più possibile le tracce lasciate dietro di sè. In ogni caso, le indagini non sembrano aver lasciato spazio a dubbi: Miano e Impellizzeri hanno gestito un mercato illecito che ha fatto loro incassare 5 milioni di euro in criptovalute.
Anche in questo caso, chiaramente, il fatto che il giovane siciliano fosse infiltrato nei sistemi giudiziari italiani ha favorito non solo la sua attività criminale, ma ha consentito anche a Impellizzeri di seguire le indagini sul suo conto, aiutandolo a rimanere al suo posto all’interno del commissariato di Gela per molto tempo. A rendere tutta questa storia ancora più interessante, poi, si aggiunge il legame di Miano con il Berlusconi Market, uno dei mercati neri digitali più noti degli anni Novanta. Sempre IrpiMedia riporta che il cracker siciliano avrebbe preso a noleggio un server privato proprio da questo mercato illegale, e che questo stesso server sarebbe stato collegato poi al cyberattacco a Tim e al incarico di Giustizia. Altre fonti, invece, ritengono che sia proprio Miano ad aver creato il Berlusconi Market. Insomma, la questione deve essere ancora chiarita, ma è chiaro che dimostra che il 23enne di Gela è stato ben più di un hacker alla analisi di informazioni su di sé.
Infine, un altro aspetto da indagare è il rapporto di Carmelo Miano con la Russia. Secondo i magistrati della Procura di Napoli, infatti, il ragazzo avrebbe effettuato più volte l’accesso al Russian Market, un “e-commerce del Criminal Haking dedicato alla vendita illegale di informazioni sensibili come password, dati bancari e carte di credito particolarmente orientato all’Italia”, come hanno riferito gli stessi magistrati a Repubblica, confermando l’ipotesi che il siciliano ha venduto i dati esfiltrati dai sistemi colpiti sul dark web. Insomma, di piste aperte ce ne sono molte, e tutte confermano una cosa: Carmelo Miano è un criminale.
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di Chiara Crescenzi www.wired.it 2024-10-10 10:25:00 ,