Nonostante il pressing crescente dei partiti, il governo prende tempo su un nuovo decreto per alleggerire gli effetti di prezzi sempre più alti per luce e gas. Ma intanto si prepara a mettere sul piatto uno tra gli interventi più urgenti, vale a dire la proroga del taglio delle accise esteso dal decreto aiuti bis fino al 20 settembre. I 30 centesimi di sconto sul costo di benzina e diesel saranno quindi rinnovati per un altro mese, almeno fino al 20 ottobre, con un costo per le casse dello Stato che si aggirerebbe intorno a un miliardo di euro. L’estensione dell’agevolazione arriverà quindi a stretto giro e potrebbe prendere la forma, come nelle ultime puntate, di un decreto interministeriale firmato dai ministri Roberto Cingolani (Transizione Ecologica) e Daniele Franco (Economia).
Una prima boccata d’ossigeno, dunque, alla quale far seguire ulteriori misure per far rifiatare soprattutto le imprese zavorrate da un prezzo del gas fuori controllo. Ma i tempi di un nuovo decreto non saranno brevi. Anche perché l’esigenza di dare una risposta al continuo grido d’allarme delle aziende si scontra con un tema, non marginale, di risorse. Su cui i tecnici del Mef sono al lavoro, in parallelo con le riunioni politiche che si susseguono da giorni – l’ultima ieri tra i ministri Cingolani e Franco con il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Roberto Garofoli – con l’obiettivo di individuare i reali margini di manovra per un decreto Aiuti ter. Una quantificazione definitiva delle risorse a disposizione non sarà però possibile prima dei prossimi giorni. Anche perché i tempi supplementari concessi dal governo per salvare l’acconto di 4,2 miliardi della tassa sugli extraprofitti energetiche non versato dalla quasi totalità delle aziende scadono il 31 agosto. Entro quella data, le imprese interessate a mettersi la regola hanno la possibilità di pagare sanzioni ultrascontate grazie al ravvedimento operoso. Dal giorno successivo, infatti, il conto diventa salato: il Dl aiuti-bis, che da oggi inizia il suo iter parlamentare super semplificato, raddoppia la sanzione ordinaria dal 30 al 60 %.
Una volta contabilizzate le entrate tributarie di luglio e agosto (che dovrebbero oscillare tra i 5 e i 6 miliardi) e il recupero di quei circa 3 miliardi degli extraprofitti non pagati in acconto, i tecnici di Via XX Settembre saranno in grado di definire se e quante nuove risorse potranno essere destinate nell’immediato a sostenere imprese e famiglie. A questa dote di partenza, si potrebbero poi aggiungere fondi recuperati attraverso il travaso di alcuni accantonamenti di bilancio, al netto di possibili altri interventi fiscali mirati, extraprofitti compresi, che emergono dal vortice di ipotesi che sta accompagnando gli incontri di questi giorni a palazzo Chigi.
In tutto, si partirebbe dunque da non più di 8-10 miliardi, anche se l’opzione di una sostanziale ripetizione sul versante delle risorse (e non solo) dell’ultimo decreto da quasi 15 miliardi continua ad essere gettonata. Il ministro dell’Economia, così come Mario Draghi, sta cercando di arginare le richieste che arrivano dai partiti. I fondi sono limitati e, proprio per questo motivo, si valuta con estrema attenzione il perimetro delle possibili misure da mettere sul tavolo, tra le quali figurerebbe anche una nuova dose di cig scontata – senza cioè pagare le addizionali per la cassa – per i settori più colpiti dal caro energia e scarsità di materie prime e che è scaduta lo scorso 31 maggio. I contorni dell’intervento però non sono ancora stati delineati. Anche qui, infatti, come per le misure sull’energia, il menu finale sarà dato dalle risorse a disposizione. Una prima stima parla di 3-400 milioni.
Insomma, lo schema del nuovo decreto sarà delineato non appena il governo avrà chiari i margini di intervento. E, per farlo, potrebbe servire ancora qualche settimana di tempo. Intanto, però, la pressione delle forze politiche per una manovra energetica corposa non cessa. Molti si spingono addirittura a ipotizzare un maxi-decreto da 20-30 miliardi e agitano la leva dello scostamento di bilancio. Ma il governo uscente non è intenzionato a giocare questa carta né ad attivare, come nel recente passato, i meccanismi di anticipo di spesa per alcune voci (agganciandole alla “clausola” del congelamento dei fondi di ministeri) , visto che toccherebbe poi a un altro esecutivo (quello che si formerà dopo il voto del 25 settembre) garantire la “chiusura” dell’operazione. E lunedì 29 agosto il ministro Franco, da Venezia, ha lanciato un messaggio chiaro ai partiti: l’attuale crisi energetica «non deve cambiare i target di medio periodo sulla transizione ecologica. Serve una strategia ampia che non riguardi solo l’ambiente, ma anche le altre sfide che abbiamo davanti, come la demografia e la sostenibilità di pensioni, sanità e finanze».