Carriera universitaria, indietro tutta: sei figure, borse di sei mesi. “Ricercatori sempre più precari”

Carriera universitaria, indietro tutta: sei figure, borse di sei mesi. “Ricercatori sempre più precari”


ROMA – Ultraprecari, oggi e pure domani. Sono e saranno malpagati e con scarsi diritti i coraggiosi laureali, e poi dottorati, che provano a impegnare una vita nel mondo della ricerca e, in generale, nell’università italiana. È in arrivo, a ventun mesi di distanza dalla riforma Verducci, una controriforma di pianta ministeriale che porta a sei le figure di contratto post-laurea, quelle che dovrebbero accompagnare un ricercatore ai concorsi per diventare professore (associato od ordinario) e affidano a borse, in alcuni casi di soli sei mesi, la sopravvivenza dei futuri studiosi.

Confermato il contratto di ricerca

Nella bozza che il segretariato e la direzione generale del ministero dell’Università e della ricerca hanno consegnato all’ufficio legislativo interno e a quello del ministero dell’Economia e delle finanze, viene confermato — tra le sei figure — il cosiddetto contratto nazionale per la ricerca per chi è in possesso di un dottorato: sono due anni di lavoro subordinato in cui il ricercatore, finalmente considerato un lavoratore, è pagato per 35.000 euro lordi l’anno, può accedere alla Naspi che consente i contributi per la disoccupazione e ha garanzie sul fronte dell’eventuale malattia e della possibile maternità.

Questo contratto di ricerca, approvato alla fine della scorsa legislatura su un emendamento di Francesco Verducci, allora vicepresidente (Pd) della commissione Istruzione del Senato, con il governo di centrodestra non ha conosciuto né decreti attuativi né finanziamenti. È rimasto lettera morta e le università italiane, non avendo intenzione di farsi carico di un costo quasi raddoppiato rispetto alla figura dell’assegnista, hanno continuato a pagare la ricerca alla vecchia maniera: poco e per periodi brevi.

Ecco il professore aggiunto

La bozza della riforma Resta-Bernini prevede oltre al “contratto di ricerca”, altre cinque figure con relativi trattamenti. Il secondo è uno strumento, non meglio precisato, per chi è ancora uno studente. Quindi, ci sono “borse di assistenza alla ricerca”, sia per studiosi junior che per ricercatori senior. Ancora, è previsto un contratto post-doc per i dottorati «che migliora quello esistente», assicura il ministero. Infine, si profila la figura del professore aggiunto, che in verità già esiste nella Legge 79 del precedente governo, ma in quel quadro è identificato ancora come “ricercatore”: ora si prevede un professore assistente che per sei anni, rinnovabili su altra sede, affiancherà l’associato e l’ordinario.

Il decreto è all’ultimo passaggio ministeriale e, come conferma il Mur, sarà reso pubblico subito dopo le elezioni europee. La ministra dell’Università e della ricerca, Anna Maria Bernini, lo scorso 5 ottobre aveva istituito un gruppo di lavoro formato da sette esperti (senza alcun rappresentante del mondo del precariato né di quello sindacale) per analizzare l’esistente e proporre soluzioni. Il gruppo era guidato dall’ex presidente della Conferenza dei rettori, Ferruccio Resta. Già al vertice del Politecnico di Milano, Resta conferma di aver chiuso i lavori in cinque mesi e di aver consegnato un progetto di lavoro alla ministra ispirato al documento Crui dell’aprile 2021 che prevedeva, appunto, ricercatori post-doc (dopo il dottorato) per periodi di uno-tre anni e contratti di ricerca dopo la laurea tra i sei mesi e i tre anni.

Il Mur: “Attrarremo eccellenze dall’estero”

Gli uomini della ministra Bernini, interpellati, spiegano: «Stiamo lavorando all’integrazione del contratto di ricerca esistente con altri strumenti che consentano di attrarre eccellenze dall’estero e avere una maggiore relazione con i sistemi europei». Il ministero vuole sottolineare come i contratti di ricerca ad oggi sottoscritti siano pari a zero «non per un mancato finanziamento della precedente legge, ma per l’assenza dell’accordo in sede di contrattazione collettiva».

L’Associazione dei dottorandi e dei dottori di ricerca (Adi), che da tempo segue i lavori per la riforma pre-ruolo, si oppone alle scelte: «Oggi i giovani ricercatori percepiscono 1.400 euro il mese, alternando la ricerca a periodi di disoccupazione. C’è chi chiede i soldi della caparra per l’affitto ai nonni consapevole che, per esempio, in Spagna lo stesso ruolo è pagato il doppio. La vita media di un precario italiano è di dieci anni, l’ottanta % di chi inizia il percorso di ricerca viene espulso dal sistema. Dopo il blocco dell’applicazione del contratto unico, questa nuova frammentazione dei ruoli, ben sei, è la dimostrazione di come il Paese e questo governo non abbiamo a cuore la ricerca nazionale. Sono scelte che sbugiardano ogni retorica sul merito, i contratti brevi deprezzano la qualità. All’università italiana mancano quarantamila tra ricercatori, professori associati e professori ordinari. Il pre-ruolo, in attesa, della stabilizzazione da professore associato, resta un incubo economico, psicologico, sociale».

Francesco Verducci ricorda: «L’ex ministra Maria Cristina Messa aveva trovato le coperture finanziarie, ma questo esecutivo non le ha attivate. Sul modello europeo, avevamo allestito un contratto meglio pagato e abolito gli assegni di ricerca, la grande bolla del precariato italiano. Il governo Meloni li prorogherà da luglio alla fine di dicembre».



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[email protected] (Redazione Repubblica.it) , 2024-06-02 20:10:52 ,www.repubblica.it

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