TORINO – “Il governo ha fatto benissimo a limitare il controllo preventivo della Corte dei Conti”. Parola di Sabino Cassese, prersidente emerito della Corte Costituzionale, al Festival dell’Economia di Trento. “Ci sono aspetti di merito sui controlli e di metodo sul modo in cui si è svolta questa vicenda che danno completamente ragione al governo e dimostrano che bisognerebbe che le grandi corporazioni dello Stato ripensassero al modo in cui agiscono nei confronti dello Stato di cui sono i rappresentanti”, ha spiegato Cassese.
Una posizione che farà discutere, tanto che a stretto giro interviene Carlo Calenda, leader di Azione: “La posizione che ieri ho preso sulla Corte dei Conti, e che ha generato mille accuse di ‘collateralismo’ con il governo, viene oggi, molto più autorevolmente, sostenuta anche da Cassese. Ribadisco che non rinunceremo ad essere obiettivi”.
Da Torino Cassese chiarisce cosa intende. “Tutta la cultura mondiale sui controlli – ha spiegato il presidente emerito – dice che i controlli non possono essere fatti a tappeto, ma devono essere fatti per campione; che non possono essere fatti sulla carta, ma devono essere fatti mediante ispezioni in profondità sulle attività da controllare; che devono essere non di processo ma di prodotto, non bisogna controllare come è stata fatta una cosa ma il risultato di quell’azione”.
E qui, dice Cassese, veniamo al punto fondamentale: “I controlli preventivi e concomitanti nel nostro Paese sono una forma di cogestione, di esercizio di un potere. Un capo di divisione di un ministero, il presidente di un ente pubblico, ogni volta che deve prendere una decisione, deve chiamare il controllore e chiedere se sia d’accordo o meno. Questa si chiama cogestione e ha due effetti negativi: deresponsabilizza chi deve essere responsabilizzato e non fa degli effettivi controlli perché con i controlli a tappeto e non a campione non si va in profondità”.
Cassese ha poi fatto notare che “nella nota diffusa alle agenzie dall’associazione dei magistrati della Corte dei Conti si legge che ‘la Corte dei Conti chiede un tavolo di confronto con il governo sull’adozione di una leggè. Tavolo di confronto è l’espressione che adoperano normalmente i sindacati nei confronti dello Stato. La può utilizzare quello che è uno dei più grandi corpi dello Stato? Se si accetta questo tipo di terminologia non si finisce per riconoscere che lo Stato è diventato una specie aggregazione di corporazioni, di interessi e che quindi ha perduto ogni capacità di decisione?”.
[email protected] (Redazione Repubblica.it) , 2023-06-02 15:09:17 ,torino.repubblica.it