Nell’ottobre 2020 la polizia municipale di Castellammare di Stabia ha avuto l’incarico di verificare lo stato di alcuni beni confiscati alla criminalità organizzata, che in passato erano stati affidati al Consorzio Sole. Dopo i sopralluoghi, gli agenti hanno verbalizzato che alcuni immobili di Scanzano erano inaccessibili, mentre per alcuni terreni sul monte Faito non era nemmeno possibile individuare esattamente l’area confiscata.Quando nel 2021 arriva la commissione d’accesso a Palazzo Farnese, gli ispettori decidono d’incaricare delle verifiche i carabinieri della compagnia di Castellammare di Stabia che scoprono che quelle case e quei terreni, in realtà erano ancora occupati dagli stessi boss a cui erano stati confiscati.A raccontarlo è la relazione che ha portato allo scioglimento del consiglio comunale per infiltrazioni della criminalità organizzata. Pagine che oltre al condizionamento della politica raccontano anche del rischio di collusioni tra la macchina comunale e la malavita stabiese.Quelle verifiche disposte dal Comune già un anno prima dell’arrivo della commissione d’accesso, servivano ad avere un quadro chiaro dei beni confiscati nel territorio stabiese ed eventualmente del loro possibile utilizzo per fini sociali.Si trattava di verificare due appartamenti e un garage in via Partoria, nel quartiere Scanzano, confiscati negli anni scorsi al boss Luigi D’Alessandro, alias Gigginiello, tornato recentemente in libertà dopo aver scontato 30 anni di carcere. Gli agenti di polizia municipale misero a verbale che non era possibile accedere in quei locali, ma da informazioni assunte sul posto non erano occupati.In realtà, ai carabinieri arrivati sul posto un anno dopo bastò utilizzare le chiavi in possesso dell’Ufficio Patrimonio per accedere all’interno delle case. Una era vuota. L’altra, invece, ancora utilizzata da D’Alessandro che utilizzava anche il garage come deposito di materiale edile.La stessa cosa si è verificata sul versante stabiese del Monte Faito. Gli agenti di polizia municipale verbalizzarono che trattandosi di una zona impervia non era stato possibile nemmeno individuare con esattezza il luogo segnalato. In realtà, i carabinieri pochi mesi dopo trovarono facilmente quell’area dov’erano sistemate le stalle utili per l’allevamento degli animali e i terreni utilizzati per la coltivazione della marijuana. Quei beni erano stati confiscati a Vincenzo Di Martino, considerato un esponente di spicco del clan Afeltra-Di Martino, storicamente impegnato nel business della produzione di sostanze stupefacenti e alleato della cosca dei D’Alessandro ormai da oltre un decennio. E i carabinieri documentarono che gli stessi Di Martino continuavano a utilizzarli per allevare animali e piantare marijuana.
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di Tiziano Valle
www.metropolisweb.it
2022-03-15 07:30:15 ,