Se un paio di anni fa foste passati per Blokhus, un piccolo villaggio danese sulla costa del Mare del Nord, vi avreste potuto ammirare una curiosa costruzione alta poco più di ventuno metri, descritta nel Guinness World Record come “il castello di sabbia più grande del mondo”: oltre ventuno metri di altezza e sei di base, per un totale di ben 6mila e 400 tonnellate di sabbia. È un piccolo miracolo di fisica, chimica e ingegneria, data la difficoltà di tenere insieme particelle la cui dimensione è dell’ordine del millimetro; in ogni caso, se volete provare a battere il record, ecco un piccolo compendio della scienza dietro i castelli di sabbia.
C’è sabbia e sabbia
Cominciamo dalle definizioni. Cos’è la sabbia? Secondo la descrizione dello Unified Soil Classification System, dicesi sabbia il materiale composto di particelle dal diametro compreso tra 0,075 e 4,75 millimetri (la definizione precisa dice che almeno metà delle particelle devono ricadere in questo intervallo). Il limo e l’argilla, invece, sono composti di particelle più piccole della sabbia; la ghiaia è composta di particelle più grandi. La dimensione delle particelle – i granelli – determina la texture della sabbia: i granelli più piccoli hanno consistenza simile allo zucchero a velo, mentre quelli più grandi sono simili a piccole lenticchie. “La maggior parte dei tipi di sabbia – ha spiegato su The Conversation Joseph Scalia, associato di ingegneria civile e ambientale alla Colorado State University – va bene per costruire un castello. La sabbia migliore, però, è quella composta da granelli di dimensioni diverse e con bordi spigolosi o ruvidi. Le differenze nelle dimensioni dei granelli consentono a quelli più piccoli di riempire i vuoti tra quelli più grandi (le cosiddette tasche), e il risultato è una maggiore resistenza della struttura. I granelli di sabbia più spigolosi, con angoli acuti, si incastrano meglio insieme, il che è un altro elemento che contribuisce a rendere il castello più stabile: è lo stesso motivo per cui una pila di blocchi di legno tagliati in modo da avere spigoli vivi rimane in piedi, mentre una pila di sfere crollerà rovinosamente”.
Castelli in aria (di montagna)
Dove si trova la sabbia perfetta? Sorprendentemente, non al mare. La sabbia composta da granelli spigolosi si trova più frequentemente vicino alle montagne (che sono la “sorgente geologica” della sabbia), dove ha subito meno l’azione erosiva di acqua e vento, che ne arrotondano i bordi. I costruttori professionisti, inoltre, usano il trucchetto di aggiungere alla sabbia una piccola frazione di argilla, i cui granelli, come dicevamo in precedenza, sono più piccoli, e dunque possono riempire più efficacemente i pori. Un altro accorgimento è quello di compattare il più possibile la sabbia (o meglio la miscela sabbia-acqua, come vedremo tra poco): maggiore è la pressione, più piccoli sono i pori e migliore è l’incastro dei granelli – e, di conseguenza, più resistente è la struttura.
Attenzione all’acqua
Un ingrediente altrettanto importante è, naturalmente, l’acqua (anche perché i castelli di sabbia sono fatti solo di sabbia e acqua). Senza acqua, un cumulo di sabbia è soltanto una duna. Con troppa acqua diventa una poltiglia instabile. Tra questi estremi c’è uno spettro di diversi livelli di umidità con caratteristiche abbastanza diverse tra loro. In linea generale, spiega ancora Scalia, l’acqua è in un certo senso adesiva: “All’acqua piace attaccarsi ad altra acqua, ma anche alle superfici – spiega l’ingegnere –. Se guardate un bicchiere mezzo pieno d’acqua vedrete che le goccioline provano a risalire lungo le pareti interne, mentre la gravità le spinge verso il basso. È proprio questo conflitto che rende possibile la costruzione dei castelli di sabbia”. Il fenomeno chiave si chiama tensione superficiale, ed è quello che si verifica sulla superficie dell’acqua a causa delle forze intermolecolari: mentre le molecole interne sono attratte l’una dall’altra in tutte le direzioni a causa delle forze di coesione, quelle sulla superficie (cioè all’interfaccia liquido-aria) sono attratte solo verso l’interno, perché non ce ne sono altre al di sopra di esse. Questa differenza di forze causa un effetto di “tensione” alla superficie del liquido e genera una sorta di pellicola sulla superficie stessa. “L’acqua si comporta allo stesso modo nella sabbia bagnata: gli spazi tra i granelli di sabbia sono dei minuscoli bicchieri e la tensione superficiale dell’acqua forma una sorta di ponti tra i granelli di sabbia, tenendoli insieme con una forza detta stress di aspirazione [suction stress]”.
L’intensità di questa forza – che, com’è facile immaginare, è un fattore decisivo per la tenuta del castello di sabbia – è legata alla quantità di acqua: troppa poca acqua equivale a troppi pochi ponti tra i granelli; troppa acqua, invece, equivale a una forza di aspirazione troppo bassa. Una regola spannometrica è di usare una parte di acqua ogni otto parti di sabbia: meglio se salata (e al mare non dovrebbe essere difficile), perché il sale cristallizza nei punti di contatto tra i granelli e contribuisce a tenere in piedi il castello anche dopo che l’acqua è evaporata. Buon divertimento.
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di Sandro Iannaccone www.wired.it 2023-08-15 04:10:00 ,