Giornata di fuoco per il settore sanitario. Oggi, mercoledì 20 novembre, è in corso uno sciopero di medici e infermieri della durata di 24 ore che coinvolgerà i sindacati Anaao-Assomed (medici ospedalieri), Cimo Fesmed e Nursing Up (infermieri).
Sono 1,2 milioni le prestazioni sanitarie a rischio e le percentuali di adesione, fanno sapere i sindacati, “sono molto alte, fino a punte dell’85%”. Diversi servizi di assistenza potrebbero essere cancellati o rinviati tra cui: 50mila esami radiografici, 15mila interventi chirurgici programmati e 100mila visite specialistiche. Saranno invece garantite tutte le prestazioni d’urgenza e le attività dei pronto soccorso.
I motivi dello sciopero
La mobilitazione delle sigle sindacali rappresenta una protesta contro le misure contenute del disegno di legge di bilancio del 2025, ovvero il provvedimento sulla spesa e sulle entrate dello Stato per il prossimo anno, che dovrà essere esaminato e approvato dal Parlamento entro la fine del 2024.
Secondo quanto sostenuto dai sindacati che hanno proclamato lo sciopero di medici e infermieri, il testo della legge di bilancio per il 2025 “conferma la riduzione del finanziamento per la sanità rispetto a quanto annunciato”. Tra i motivi della protesta anche la questione relativa ai contratti di lavoro, compresi quelli delle strutture ospedaliere private a cui “vengono assegnate risorse assolutamente insufficienti“.
Le dichiarazioni
“Lo sciopero di domani è il frutto dell’esasperazione dei medici, che chiedono da almeno tre anni un’attenzione nei confronti delle professioni sanitarie”. A dirlo è il presidente della Fnomeceo, la Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri, Filippo Anelli, in merito allo sciopero di medici e infermieri.
“Già nel 2021 – argomenta Anelli – abbiamo posto il tema alla politica. Era il tempo del Pnrr, che aveva investito 15 miliardi sulle strutture e infrastrutture; ma non c’era stata la stessa attenzione verso i professionisti, che pure, con il loro impegno e i loro sacrifici, avevano traghettato il Paese fuori dalla pandemia. Abbiamo parlato di “Questione medica”, proprio perché senza il sostegno dei professionisti sono messi in discussione i servizi, le prestazioni. È quello che accade anche oggi con l’abbandono del servizio sanitario nazionale da parte dei professionisti, che trovano condizioni di lavoro più favorevoli, per organizzazione prima ancora che per remunerazione, all’estero o nel privato. O che – stremati da burnout, stress professionale, carenze di organico e organizzative, violenze gratuite e inaccettabili, denunce ingiuste – scelgono il prepensionamento o la libera professione”.
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di Elena Capilupi www.wired.it 2024-11-20 11:07:00 ,