La cella è poco più lunga del suo corpo disteso. Cecilia Sala, la giornalista italiana detenuta nel carcere di Evin a Teheran, dorme per terra su una coperta, con un’altra per proteggersi dal freddo pungente della prigione. La reporter del Foglio e di Chora Media, arrestata il 19 dicembre scorso in Iran, è in regime di isolamento totale e non ha ricevuto nessuno dei beni di prima necessità che l’ambasciata italiana aveva inviato, contrariamente a quanto riferito dalle autorità iraniane.
Le telefonate
Il primo gennaio 2025 Cecilia Sala ha potuto fare tre telefonate dal carcere di Evin: alla madre, al padre e al compagno, il giornalista Daniele Raineri. “Fate presto”, ha chiesto la reporter, ripetendo l’appello già lanciato nella prima chiamata dopo il fermo. Dalla sua cella ha descritto condizioni di detenzione durissime: è in isolamento totale e non vede nessuno dal 27 dicembre, quando ha incontrato l’ambasciatrice Paola Amedei. Le hanno confiscato gli occhiali da vista, una luce al neon resta accesa giorno e notte. Il cibo le viene passato attraverso una fessura. Il Corriere della Sera riporta che le autorità iraniane avevano invece descritto una situazione opposta: una cella singola scelta per il suo benessere e la consegna di un pacco da parte dell’ambasciata italiana con dolci, libri e beni di prima necessità. Niente di tutto questo, secondo le parole di Sala, corrisponde al vero.
La strategia di pressione del regime
Come riporta Il Post, citando fonti della Farnesina, ogni aspetto della detenzione – dal regime carcerario duro alle rare telefonate concesse fino alla singola visita dell’ambasciatrice – va interpretato come un messaggio al governo italiano. La stessa ex detenuta Elahe Ejbari, studentessa iraniana fuggita in Germania dopo tre mesi di prigionia a Evin, conferma questa lettura al Corriere della Sera: “È la loro strategia. Esercitano una pressione sempre maggiore per ottenere quello che vogliono”. Un riferimento, secondo la studentessa, alla possibile liberazione dell’ingegnere iraniano Mohammad Abedini-Najafabad, esperto di droni arrestato il 16 dicembre all’aeroporto di Malpensa su richiesta degli Stati Uniti. Un caso che, secondo più fonti, sarebbe al centro della trattativa con Teheran.
frattanto il governo italiano sta lavorando “senza sosta” per la liberazione di Sala, come confermano fonti dell’esecutivo citate dall’Ansa. Il caso è seguito direttamente dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, dal ministro degli Esteri Antonio Tajani, dal ministro della Giustizia Carlo Nordio e dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano. Secondo Riccardo Noury, portavoce di Amnesty Italia, “la genericità delle accuse a Sala è un segnale che è stata arrestata per fare uno scambio”. Il primo gennaio la Farnesina ha chiesto “garanzie totali sulle condizioni di detenzione” e la “liberazione immediata“ della giornalista.
Le accuse vaghe di Teheran
Il incarico della Cultura e dell’orientamento islamico iraniano ha rilasciato attraverso l’agenzia ufficiale Irna la prima comunicazione ufficiale sul caso. Secondo quanto riporta l’Ansa, nella nota si legge che “la cittadina italiana è arrivata in Iran il 13 dicembre con un visto giornalistico” e che il suo arresto “è stato eseguito secondo la normativa vigente”. Le autorità non hanno però specificato quali siano le presunte violazioni, limitandosi a comunicare che “saranno forniti ulteriori dettagli se la magistratura lo riterrà necessario”.
Secondo l’articolo 38 della Costituzione iraniana, come ricorda il Corriere della Sera, “sono vietati qualsiasi tipo di tortura, estorsione di confessioni o acquisizione di informazioni, costrizione degli individui a testimoniare, giuramenti forzati”. Inoltre, l’isolamento non è consentito né dalla legge statale, né da quella religiosa. Una disposizione che, stando alle testimonianze delle ex detenute, viene sistematicamente violata nel carcere di Evin.
L’ex detenuta intervistata dal Corriere dice di sperare che la giornalista italiana non firmi nessuna lettera né tessera. Inoltre ha fatto sapere che se la porteranno nel reparto femminile del carcere, sicuramente avrà contatti con “le attiviste iraniane” che “la guideranno nell’inferno di Evin“.