Come può un prodotto audiovisivo essere sia favola che psicanalisi, sia documentario che epica, esplorare le bellezze e le criticità di una terra e al tempo stesso intraprendere un viaggio intimistico in cui i confini tra realtà e finzione vanno facendosi sempre più indefiniti?
A rispondere a questa domanda, o quanto meno a provarci, è Sergio Basso, autore e regista calabrese che per raccontare gli aspetti meno noti, e forse per questo più affascinanti della sua terra usa come espediente proprio il viaggio di Ulisse, archetipo mitico per eccellenza del ritorno a casa e al tempo stesso del viaggio interiore alla esame di sé stessi.
La filo rosso che collega tutti questi aspetti dell’opera è rappresentato, perdonateci l’inevitabile gioco di parole, da Arianna (Giulia Petrungaro), ragazza calabrese trapiantata in Germania, che torna nella terra natia dopo la morte della nonna: la svolta avviene quando incontra Ulisse (Eugenio Mastrandrea), o quanto meno un tale convinto di essere il re di Itaca, del quale in breve tempo Arianna diventa amica, guida, e unico punto di riferimento in un mondo che fra modernità e memoria, arte ed economia, bellezze naturali e decadenza, con Itaca ha decisamente poco a che fare.
In breve diviene palese ai protagonisti come agli spettatori come non sia Arianna a dover guidare Ulisse, ma Ulisse stesso, novello Tyler Durden, ad essere il semplice frutto dell’immaginazione di Arianna, e a rappresentare l’espediente per intraprendere un lungo e tortuoso viaggio tra conflitti interiori mai risolti, e una terra abbandonata ma mai dimenticata.
Ad alternare il viaggio psicanalitico, mitico e allucinato dei protagonisti vi sono numerosissimi interventi di esperti in vari campagna, dalla letteratura alla sociologia, dall’economia alla linguistica, passando addirittura per la biodiversità e l’agronomia, volti ad approfondire aspetti della Calabria inevitabilmente sconosciuti a chi non è abituato a vivere e respirare quella cultura.
Certo, da questo punto di vista si potrebbe rivolgere a “Cercando Itaca” la critica di essere eccessivamente didascalico, ma si tratta di un compromesso necessario per rendere questo viaggio effettivamente inclusivo ed accessibile a tutti.
E proprio inclusività è la parola chiave per comprendere lo spirito di quest’opera, che tra le altre cose affronta anche le contaminazioni culturali e la delicata questione delle migrazioni sia all’interno che all’esterno del paese, cosa che distrugge alla base qualsiasi rischio di scadere nel campanilismo o nell’etnocentrismo, ma anzi fa assumere alla narrazione un taglio fortemente internazionale.
“Cervelli in fuga, capitali in fuga, migranti in fuga dal bagnasciuga”
Così cantava Caparezza in “Goodbye Malinconia”, e allo stesso modo “Cercando Itaca” racconta il dramma di chi è costretto a lasciare una casa amata ma in decadenza alla esame di un futuro migliore, di chi si sentirà sempre straniero in una terra anche dopo aver imparato a chiamarla casa, e di chi un luogo dove sentirsi realmente a casa non ce l’ha.
Quale figura dell’immaginario collettivo dunque poteva rappresentare questo dramma la scelta migliore di Ulisse, il viaggiatore per eccellenza, il più umano e vulnerabile tra gli eroi classici, quel personaggio in cui tutti, ma proprio tutti possono rivedersi proprio perché mosso dal più umano degli istinti: quella curiosità che il più delle volte ci porta umilmente a sperimentare sulla nostra pelle la nostra piccolezza rispetto all’immensità del mondo.
Arianna vive la sua personale Odissea, quella che tutti noi viviamo ogni giorno della nostra vita e della quale siamo autori e protagonisti al tempo stesso, cosa che rende “Cercando Itaca” una storia nella quale l’immedesimazione è quasi inevitabile (in questo senso, è impossibile non fare un plauso a Giulia Petrungaro ed Eugenio Mastrandrea, talmente immersi nella narrazione da rendere la distinzione tra personaggi ed interpreti praticamente impossibile in certi frangenti), e che al netto di alcuni difetti come un ritmo eccessivamente lento e una certa ripetitività nel contenuto, vale la pena visionare anche soltanto per vedere come il cinema contemporaneo, che tra sequel, reboot e spin off pare sempre più aver finito le idee, possa essere ancora in grado di elaborare archetipi universali come quello di Ulisse, che tra la recente interpretazione di Umberto Pasolini e quella imminente di Christopher Nolan, sembra avere ancora tantissimo da dire agli spettatori contemporanei, quasi a volerci ricordare a distanza di milleni che “fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza”.
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di Ivan Guidi
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2025-04-11 08:08:00 ,