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La possibilità di un accordo da 1,5 miliardi di euro tra il governo italiano e SpaceX per la fornitura di servizi tramite Starlink ha portato nuove attenzioni nei confronti della costellazione di satelliti di Elon Musk, ormai usata da milioni di persone in tutto il mondo per accedere a Internet con connessioni satellitari. Il governo ha confermato che sta valutando un accordo, ma non ha per ora fornito altri dettagli e si è generata una certa confusione intorno a Starlink e a come può essere impiegato non solo dai privati, ma anche in ambito istituzionale e per attività di spionaggio e difesa.
L’azienda spaziale privata statunitense SpaceX lavora a Starlink da una ventina di anni, vale a dire da quando alcuni dei suoi responsabili iniziarono a studiare la possibilità di costruire una costellazione di piccoli satelliti per l’accesso a Internet dallo Spazio. L’idea ha iniziato a concretizzarsi circa sette anni fa, quando SpaceX ha iniziato a inviare in orbita i primi satelliti utilizzando i propri razzi Falcon 9 in buona parte riutilizzabili, con una forte riduzione dei costi per trasportare satelliti, astronauti e altro materiale intorno alla Terra.
Solo lo scorso anno, la società di Musk ha effettuato più di cento lanci orbitali, la maggior parte dei quali dedicata proprio al trasporto nell’orbita bassa terrestre (a circa 500 km dal suolo) di centinaia di satelliti di Starlink. La costellazione conta ora più di 7mila satelliti: ognuno copre con il proprio segnale una porzione di territorio relativamente piccola, ma la grande abbondanza di satelliti fa sì che messi tutti insieme coprano buona parte del pianeta rendendo possibile collegarsi a Internet praticamente da qualsiasi luogo.
Starlink non è la prima azienda a fornire connessioni a Internet dallo Spazio, ma è stata tra le prime a farlo in modo diverso. Anche a causa dei maggiori costi per trasportare satelliti in orbita, in precedenza se ne utilizzavano pochi di maggiori dimensioni, collocati in orbite più alte per coprire maggiori porzioni di territorio. A causa della minore quantità di satelliti, la velocità delle connessioni era bassa e – per via della maggiore distanza dalla Terra – c’erano tempi di risposta (latenza) più alti, cosa che rendeva poco pratico l’impiego di questo tipo di collegamenti. Erano per lo più utilizzati in aree dove non arrivavano né i servizi via cavo né quelli delle reti dati della telefonia mobile.
Grazie alla disponibilità di migliaia di satelliti (che comunicano tra loro e con ripetitori al suolo collegati alle reti via cavo) e alla loro vicinanza alla Terra, Starlink ha superato buona parte dei problemi legati alla connettività dallo Spazio. Per accedere al servizio, i privati possono acquistare un kit di partenza da 350 euro e abbonarsi al servizio per 40 euro al mese. Il kit comprende un’antenna per ricevere il segnale satellitare e il router per gestire la connessione e permettere ai propri dispositivi di collegarsi a Internet. Esistono poi altre forme di abbonamento per le aziende e per collegarsi in movimento.
Tecnicamente il segnale di Starlink può essere captato in buona parte del mondo, ma l’accessibilità al servizio è limitata a seconda dei paesi e delle autorizzazioni dei governi a impiegarlo. Attualmente il servizio è autorizzato in un centinaio di paesi, Italia compresa, e alla fine del 2024 aveva circa 4,6 milioni di abbonati. Per ora l’accesso non è possibile in alcuni paesi dove viene esercitato un forte controllo sui contenuti online, come la Cina, e in altri luoghi molto popolosi come l’India e la Russia.
Oltre ai servizi per i privati, negli ultimi anni SpaceX ha espanso sensibilmente la propria offerta per dare ai governi l’accesso a funzionalità avanzate, con ulteriore controllo per le comunicazioni sicure. Il progetto più importante in questo ambito si chiama Starshield ed è orientato alla fornitura di servizi in ambito militare e di spionaggio, con gli Stati Uniti come principale interlocutore. Per motivi di segretezza non ci sono molti dettagli su Starshield e non è nemmeno chiaro se rientri nell’eventuale accordo con il governo italiano, o se i piani prevedano altre soluzioni già sviluppate.
Secondo Bloomberg, che è stato tra i primi ad avere dato notizia delle trattative tra l’Italia e SpaceX il 5 gennaio scorso, l’accordo sarebbe «orientato a fornire all’Italia una serie di sistemi di alto livello per servizi Internet e telefonici criptati». In mancanza di altre informazioni non è chiaro se ci si riferisca ai sistemi per criptare i dati che già vengono impiegati per Starlink, oppure a soluzioni aggiuntive. In generale, come altri sistemi di rete, Starlink utilizza già soluzioni di “end-to-end encryption” (E2EE), vale a dire per far sì che i dati siano trasmessi in modalità criptata e decifrati solo da chi li riceve ed è in possesso della chiave giusta per decodificarli. Esistono vari tipi e livelli di E2EE, che di consueto riguardano più i sistemi usati per comunicare e non l’infrastruttura attraverso cui passano i dati.
Negli Stati Uniti l’impiego di Starlink in ambito governativo è in espansione e secondo diversi osservatori dovrebbe diventare sempre più rilevante, non solo perché al momento non ci sono concorrenti di capacità e dimensioni paragonabili, ma anche per via dello stretto rapporto tra Elon Musk e Donald Trump, che tra meno di due settimane si insedierà iniziando la propria seconda presidenza. Musk è stato uno dei principali finanziatori della campagna elettorale di Trump e le sue aziende hanno centinaia di contratti con il governo degli Stati Uniti, la maggior parte dei quali legata alle attività spaziali.
Musk ritiene che entro pochi anni Starlink possa diventare una delle principali fonti di ricavo delle proprie attività, raccogliendo denaro che potrà essere investito per i suoi piani molto ambiziosi legati alla colonizzazione di Marte, sulla cui praticabilità ci sono fortissimi dubbi. Nuovi accordi miliardari con i governi, per la fornitura di servizi dedicati, potrebbero costituire ulteriori importanti fonti di ricavo, ma secondo i più critici darebbero ulteriori possibilità di controllo a Musk e alle sue aziende, anche in ambiti estremamente sensibili.
Per questo motivo di recente la Commissione Europea ha avviato il progetto IRIS2 per costruire una propria costellazione di satelliti, da impiegare per le comunicazioni governative e di sicurezza. Il piano prevede il coinvolgimento di alcune delle più grandi aziende europee nelle tecnologie spaziali e delle telecomunicazioni, ma la piccola costellazione non sarà pronta prima del 2030 e nel frattempo potrebbero rendersi necessari accordi con altri fornitori, come SpaceX. Non sarebbe comunque la prima volta che governi europei si affidano ad aziende statunitensi per la gestione dei propri servizi, come dimostrano le molte reti dati che funzionano utilizzando server e reti di proprietà di Google, Microsoft e Amazon.