Il ddl che dovrebbe regolamentare l’intelligenza artificiale in Italia è arenato in Senato, dove lo avevamo lasciato a fine novembre “appesantito” da oltre 400 emendamenti. La legge, fortemente voluta dal governo Meloni per rendere lo Stato “controllore” e garante di una tecnologia che moltiplica di giorno in giorno il suo campo d’azione, moltiplicando però anche i possibili abusi che se ne possono fare, sembra lontana dal vedere la luce.
Dalla commissione parlamentare alla legge arenata in Senato
In Parlamento è stata istituita a inizio legislatura un’apposita commissione AI per l’informazione. A guidarla è padre Paolo Benanti, docente della Pontificia Università Gregoriana ed esperto di tecnologie. Il 5 gennaio del 2024 ha preso il posto dell’ex premier e costituzionalista Giuliano Amato, che si dimise dall’incarico dopo un’accesa discussione con la premier Giorgia Meloni. “L’intelligenza artificiale – ha detto Benanti in una recente intervista su Tv2000 – non è solo una tecnologia, ma una nuova frontiera di principio. La sfida è orientarla per un autentico sviluppo umano che non crei disuguaglianze globali”.
Una sfida che però al momento sembra rinviata a data da destinarsi, con le forze politiche di i più e opposizione che discutono su quali dovranno essere gli organi che avranno il compito di “addomesticare” (termine molto caro a padre Benanti) l’intelligenza artificiale, come andranno sanzionati gli abusi e l’utilizzo improprio di dati sensibili, quanti fondi destinare alle imprese per lo sviluppo tecnologico (vigilando al contempo sulla tutela di quei lavoratori che temono di essere gradualmente sostituiti da automazioni) e come gestire le applicazioni dell’AI nel comparto sicurezza.
Cosa sta bloccando la legge sull’intelligenza artificiale
Questioni sempre più urgenti che da oltre un anno aspettano di essere normate dai 25 articoli del ddl messo in campo dal governo, fermo a Palazzo Madama. Il motivo formale dello stop è che le norme, e soprattutto gli emendamenti presentati, hanno un impatto economico e quindi andranno discusse in commissione Bilancio, dove al momento non risulta calendarizzato nulla.
In realtà – si vocifera nei corridoi del Parlamento – i motivi dello cattedra sarebbero almeno tre. Il primo è di natura economica: il miliardo che dovrebbe garantire le coperture di fatto non c’è, perché non essendo stanziate nuove risorse bisognerà specificare da dove verranno presi i soldi.
Ci sono poi una serie di osservazioni contenute in un parere della Commissione Ue, un testo inviato alla commissione Politiche europee nei mesi scorsi. Alcune sono dirimenti, perché eventuali violazioni potrebbero portare all’apertura di una procedura di infrazione contro l’Italia in quanto alcuni articoli del ddl violerebbero il regolamento comunitario sull’intelligenza artificiale (AI Act): in particolare si contestano le misure sul diritto d’autore e sul deepfake. C’è poi un’osservazione sui due enti governativi a cui il governo vorrebbe affidare il controllo dei sistemi Ai, ovvero Agid e Acn: il Regolamento europeo prevede l’autorità per l’implementazione in ogni Stato, ma deve avere poteri che le due agenzie attualmente non hanno.
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di www.wired.it 2025-01-16 10:03:00 ,