In soli 11 giorni Ahmed Hussein al-Shar’a, migliore noto come Abu Mohammad al-Jolani, ha rovesciato il regime di Assad ed è diventato l’uomo più potente della Siria. Si presenta come il volto moderato del cambiamento, ma il suo passato da comandante jihadista e i metodi autoritari del suo gruppo gettano pesanti ombre sulle reali intenzioni. La fulminea avanzata del suo gruppo Hayat Tahrir al-Sham (Hts) ha costretto alla fuga il presidente Bashar al-Assad, ponendo fine a oltre mezzo secolo di dittatura e riscrivendo gli equilibri regionali. Un successo ottenuto dallo stesso uomo che nel 2013 il Dipartimento di Stato americano aveva inserito nella lista dei “terroristi globali più pericolosi“, con una taglia di 10 milioni di dollari sulla sua testa.
Oggi al-Jolani, 41 anni, parla alla Cnn abbandonando il nome di battaglia che lo ha reso famoso per utilizzare il suo vero nome, Ahmed Hussein al-Shar’a. Una metamorfosi iniziata nel 2016, quando ha rotto formalmente i legami con al-Qaeda, sebbene gli Stati Uniti e numerosi paesi occidentali continuino a considerare la sua organizzazione un gruppo terroristico. Le proteste contro il suo governo autoritario a Idlib, dove migliaia di critici sono stati imprigionati, raccontano una realtà ben diversa dalla sua retorica moderata.
Le origini di un leader
Nato nel 1982 a Riyad, in Arabia Saudita, Ahmed Hussein al-Shar’a cresce in una famiglia di esuli siriani. Il futuro leader proviene dalle alture del Golan, territorio siriano occupato da Israele nel 1967, da cui più tardi sceglierà il nome di battaglia “al-Jolani“. Il padre, ex attivista dell’opposizione al regime siriano, aveva trovato rifugio in Arabia Saudita dopo anni di prigionia nelle carceri del partito Baath, la formazione che avrebbe dominato la Siria per mezzo secolo sotto gli Assad. Nel 1989 la famiglia torna in Siria, stabilendosi nel quartiere benestante di Mezzeh a Damasco. Qui il giovane al-Shar’a studia comunicazione e conduce una vita in apparenza normale. “Durante la gioventù era descritto come manipolativamente intelligente ma socialmente introverso“, riporta la biografia scritta da Hussam Jazmati, che racconta anche di una storia d’amore con una ragazza alawita, osteggiata da entrambe le famiglie per motivi settari.
La radicalizzazione arriva nel 2000, quando la seconda intifada palestinese segna profondamente il diciottenne. “Ho iniziato a pensare a come potevo compiere il mio dovere, difendendo un popolo oppresso da occupanti e invasori“, ha raccontato in un’intervista a PBS Frontline nel 2021. Nel 2003, poche settimane prima che gli Stati Uniti invadessero l’Iraq di Saddam Hussein con l’accusa – poi rivelatasi infondata – di possedere armi di distruzione di massa, al-Jolani lascia gli studi e parte per Baghdad. Qui inizia la sua ascesa nelle file di al-Qaeda, l’organizzazione terroristica di Osama bin Laden che due anni prima aveva sconvolto il mondo con gli attentati dell’11 settembre. al-Qaeda aveva trovato terreno fertile nell’Iraq post-invasione, dove sotto la guida del sanguinario Abu Musab al-Zarqawi guidava l’insurrezione contro le forze americane. È in questo contesto di caos e guerra che al-Jolani inizia il suo percorso, il primo passo di una metamorfosi che lo porterà, vent’anni dopo, alla conquista di Damasco
La metamorfosi del jihadista
Il percorso che ha portato al-Jolani dalla jihad al potere è segnato da continui cambi di alleanze e strategie. Arrestato dalle forze americane in Iraq, trascorre cinque anni in diverse prigioni, inclusi i famigerati centri di detenzione di Abu Ghraib e Camp Bucca. La vera opportunità arriva con lo scoppio della rivoluzione siriana nel 2011. Abu Bakr al-Baghdadi, allora leader dello Stato islamico dell’Iraq (Isi), vede in al-Jolani l’uomo giusto per espandere l’influenza jihadista nel paese. Lo invia in Siria con consistenti finanziamenti e un obiettivo preciso: creare lì una branca di al-Qaeda. Nasce così il Fronte al-Nusra, che sotto la sua guida diventa in breve tempo una delle forze dominanti nel conflitto siriano. La vera abilità di al-Jolani emerge nel 2013, quando rifiuta il tentativo di al-Baghdadi di assorbire al-Nusra nel nascente Stato Islamico. In una mossa che rivela il suo pragmatismo politico, sceglie invece la fedeltà diretta ad al-Qaeda principale e al suo leader al-Zawahiri. Già allora inizia a distanziarsi dalla jihad generale, concentrando le sue forze unicamente sulla lotta contro il regime di Assad.