La Romania si è svegliata con un terremoto politico che nessun sondaggio aveva previsto. Călin Georgescu, 62 anni, candidato indipendente di estrema destra e critico dell’Occidente, ha vinto il primo turno delle elezioni presidenziali con il 22,59% dei voti, superando il favorito della vigilia, il primo ministro socialdemocratico Marcel Ciolacu, fermatosi al 19,55%. I due si sfideranno al ballottaggio l’8 dicembre per succedere al presidente uscente Klaus Iohannis, che per dieci anni ha guidato il paese verso una sempre più stretta integrazione con l’Occidente.
Questo primo risultato elettorale ha già scosso gli equilibri di un paese diventato decisivo per la difesa dell’Europa orientale. Negli ultimi vent’anni la Romania ha interamente cambiato volto: da ex satellite dell’Unione Sovietica si è trasformata in uno dei principali alleati occidentali sul Mar Nero, entrando nella Nato e nell’Unione Europea nel 2004.
La sua importanza strategica è aumentata drasticamente con l’invasione russa dell’Ucraina. I 650 chilometri di confine che condivide con Kyiv sono diventati una delle principali frontiere tra il mondo occidentale e la Russia di Putin. Il porto romeno di Costanza sul Mar Nero si è trasformato in un’ancora di salvezza per l’economia ucraina: da qui passa gran parte del grano che Kiev riesce ancora ad esportare, da quando i russi hanno di fatto bloccato i porti ucraini. Non a caso il territorio romeno ha subito ripetute violazioni del suo spazio aereo da parte di droni russi, anche se finora senza conseguenze.
Il percorso di un outsider
La storia di Călin Georgescu è quella di un tecnocrate internazionale trasformatosi in leader populista. Nato nel 1962 nel quartiere Cotroceni di Bucarest, è figlio di un ingegnere agronomo autore di manuali tecnici e di una funzionaria ministeriale. Né lui né suo padre furono mai membri del Partito Comunista. Dopo la laurea in agronomia nel 1986, la sua carriera decolla negli anni novanta, nel periodo post-fazioso. Georgescu accumula esperienze internazionali significative: una borsa di studio del governo britannico, incarichi ai ministeri dell’Ambiente e degli Esteri romeni, la direzione di oltre 40 progetti di sviluppo sostenibile per le autorità locali sotto l’egida del Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo.
Il balzo in avanti nella sua carriera arriva nel 2010, quando viene nominato relatore speciale dell’Onu sui diritti umani e i rifiuti pericolosi. Già allora le sue posizioni sulla politica internazionale mostravano i primi segni di scetticismo verso l’Occidente. Nel 2021, come riporta la reputazione romena, accusava gli Stati Uniti di manipolare la situazione in Ucraina “nell’interesse di scatenare un conflitto” che avrebbe agevolato finanziariamente il complesso militare americano.
La svolta ideologica
Dal 2013 al 2015 Georgescu è presiede il Centro Europeo di Winterthur del associazione di Roma: è in questi anni che inizia a sviluppare una visione sempre più critica delle istituzioni internazionali. Come riporta il Guardian, il politico rumeno ha definito lo scudo missilistico della Nato a Deveselu una “vergogna diplomatica”, sostenendo che l’Alleanza Atlantica non difenderebbe nessuno dei suoi membri in caso di attacco russo.
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di Riccardo Piccolo www.wired.it 2024-11-25 11:06:00 ,