Bruxelles – Lunedì 16 settembre palazzo Barleymont, sede della Commissione europea, si è svegliato sotto un cielo pesto. Thierry Breton, ex commissario uscente al Mercato interno e una delle figure più influenti della prima commissione a guida Ursula von der Leyen, si è dimesso con effetto immediato. Era stato indicato dal suo paese, la Francia, per un secondo mandato nella nuova Commissione europea che la presidente Ursula von der Leyen presenterà in questi giorni, ma adesso bisognerà trovare un sostituto. Nella lettera con cui ha spiegato la sua decisione, pubblicata su X, Breton ha accusato von der Leyen di aver esercitato pressioni sulla Francia, “qualche giorno fa”, per ritirare la sua candidatura, offrendo in cambio una posizione di maggiore prestigio. Breton ha inoltre accusato la presidente di aver agito “per motivi personali mai discussi direttamente con me”. Per ora né il governo francese né von der Leyen hanno commentato la vicenda.
Il profilo
Macroniano di ferro, 69 anni, Breton incarna la figura del tecnocrate di alto livello che ha saputo muoversi con disinvoltura tra i mondi dell’industria, della politica e della tecnologia. Nato a Parigi nel 1955, figlio di un funzionario del nucleare, si laurea in ingegneria elettrica e informatica alla prestigiosa Supélec. Dopo una breve esperienza da insegnante al liceo francese di New York e una parentesi imprenditoriale con la sua startup Forma Systems, inizia la carriera manageriale che lo porterà ai vertici di giganti come il gruppo informatico Cgi, France Telecom, Thomson e infine Atos, colosso europeo dei servizi digitali che guiderà dal 2009 al 2019.
Ma Breton non è solo un uomo d’azienda. Tra il 2005 e il 2007 viene chiamato dall’allora presidente Jacques Chirac a ricoprire l’incarico di ministro dell’Economia, delle finanze e dell’industria nel governo de Villepin. In questa veste, si distingue per una politica volta a riformare le finanze pubbliche e ridurre il debito, pur cercando di stimolare la crescita e l’innovazione. Forte di questo background, arriva a Bruxelles nel 2019 come candidato di Emmanuel Macron, assumendo la guida di un super-portafoglio che comprendeva il Mercato interno, l’industria, il digitale, la difesa e lo spazio. In questi quasi cinque anni, ha lasciato una pesante impronta sulle politiche europee in settori cruciali, spingendo per una maggiore autonomia strategica dell’Unione e per una regolamentazione più stringente dei giganti tecnologici.
Tra le iniziative più importanti portate avanti da Breton, ci sono il Digital Markets Act e il Digital Services Act, le nuove regole comunitarie per arginare lo strapotere dei giganti tech; il Chips Act per rilanciare la produzione europea di semiconduttori; il piano per aumentare la produzione europea di munizioni e armi a sostegno dell’Ucraina. Non sempre, però, il “maniera Breton” – decisionista: a tratti muscolare – è stato apprezzato ai piani alti della Commissione.
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di Riccardo Piccolo www.wired.it 2024-09-16 11:10:23 ,