Chi ha incastrato Roger Rabbit non smette di rappresentare un momento più unico che raro, all’interno di quella cinematografia fantastica, che da Spielberg a Lucas, passando per Zemeckis e tanti altri, in quegli anni ’80 stravolgeva ogni supposta separazione tra i generi.
Incredibile caleidoscopio creativo in grado di connettersi a più epoche e più universi, Chi ha incastrato Roger Rabbit dopo 35 anni rimane uno dei migliori cult autoriali che il cinema ci abbia offerto, un’opera capace di definire un’intera generazione, ancora oggi perfetto esempio di creatività e fantasia libere da ogni limite e paura.
Il film di culto che nessuno si aspettava
Chi ha incastrato Roger Rabbit era ispirato al romanzo di Gary Wolf, per quanto poi la trama si differenziasse in diversi aspetti, mantenendo però quella volontà di far coesistere assieme il mondo dei cartoni, con quello degli umani, ambientando il tutto durante la golden age hollywoodiana degli anni ‘40. Era quando soprattutto il noir, più precisamente l’hard boiled e il poliziesco dettavano legge. Robert Zemeckis fu scartato inizialmente quando cercò di farsi coinvolgere nelle regia di questo progetto, ennesima sperimentazione della tecnica mista che in quegli anni pareva per molti non avere più molto da dare. Tuttavia, dopo aver fatto la storia con Ritorno al Futuro e All’inseguimento della pietra verde, la abitazione di Topolino tornò sui propri passi, decise di coinvolgerlo in una produzione che conobbe qualche problema, tanto da coinvolgere infine Steven Spielberg in qualità di produttore insieme a Frank Marshall e Kathleen Kennedy. La stessa sceneggiatura in realtà, fu scritta e riscritta più volte, con l’immissione e poi la cancellazione di tanti personaggi, nonché la trasformazione del ruolo di altri che poi invece sarebbero diventati parte di un film capace di rastrellare qualcosa come 350 milioni di dollari in tutto il mondo, diventando un punto di svolta tecnico nel concetto di animazione ma soprattutto di fruizione dello stesso genere.
Bob Hoskins, attore tra i più poliedrici della sua generazione, fu forse il segreto del successo di un film che, se fosse stato dominato da un protagonista come Harrison Ford, Bill Murray, Eddie Murphy, Sylvester Stallone, non avrebbe mai avuto lo stesso fascino. Eddie Valiant, detective dal tragico passato, con un grosso problema di alcolismo, incatenato ad un’esistenza da perdente in quell’universo in cui i cartoni non sono semplici creature di fantasia, ma veri e propri esseri viventi connessi ad un’industria dello spettacolo tirannica e dispotica, non poteva che essere lui.
Valiant è basso, grassoccio, pelato, sovente goffo, ha un carattere irascibile ed intrattabile, odia i cartoni perché sa che uno di essi gli ha portato via il fratello.
Ma proprio in questa sua goffaggine, in questo suo muoversi antitetico rispetto ai canoni dell’hard boiled, Zemeckis fu capace di creare un’enorme legame empatico tra il personaggio ed il pubblico. Perché, ed è questo il punto, Chi ha incastrato Roger Rabbit è un film sul concetto di essere fuori posto, l’ultima ruota del carro. di essere completamente legati alla propria immagine esteriore, e a tutto ciò che essa comporta. Riguarda Valiant, così come Roger Rabbit, sorta di strana creatura clownesca e assurda, mix dei vari weirdo disneyani e non, infantile, squilibrato, esasperante eppure incapace di fare veramente del male a qualcuno.
Poi c’era Jessica Rabbit. Essa racchiude in sé quell’oggettificazione, quella sensualità esagerata, irrealistica, che ancora oggi è appiccicata addosso ad ogni star femminile, con buona pace dell’emancipazione o supposta tale. Connessa ad alcuni personaggi dell’animazione del passato, a Trilli, era però soprattutto un mix di Marilyn Monroe, Veronica Lake, Rita Hayworth e Lauren Bacall. Con Jessica Rabbit parliamo di un personaggio solo apparentemente secondario, in un film a metà tra omaggio e decostruzione, che la usa per fare a pezzi lo stereotipo della donna puramente ornamentale e oggetto del desiderio. Certo, non si può negare che nell’universo che aveva reso leggenda Humphrey Bogart, in tanti capolavori della letteratura e della cinematografia, la femme fatale fosse qualcosa di comunque affascinante. Questo è solo un altro esempio di quanto Chi ha incastrato Roger Rabbit sia stato in grado di operare una completa rivoluzione di ciò che era il canone. Parliamo degli anni ’80, quando le donne erano un mero pezzo di carne da esibire, valutate esclusivamente per il proprio canone estetico. Jessica invece odia essere solamente due gambe, una schiena e due seni esagerati, ha cervello, astuzia, generosità e soprattutto è incredibilmente fedele al marito, pronta ad ogni gesto pur di salvarlo.
Un mondo che era a metà tra passato e futuro
Chi ha incastrato Roger Rabbit fu un gigantesco abbraccio all’animazione, a come essa sia qualcosa di folle, illogico, utile perché ci aiuta a spezzare la monotonia del nostro vivere, questa quotidianità fatta di ripetitività. Robert Zemeckis partì dal tema del tempo che scorre, per creare ricerca di un fantomatico assassino, modellò un film d’animazione tra i più maturi e anche audaci di quel decennio. A guardarlo oggi, per quanto divertente, spassoso, molto più connesso ai Looney Tunes della Warner che alla Disney, appare anche inquietante. Contiene molti elementi connessi all’horror più classico e al thriller, anche grazie a Christopher Lloyd, che fece del giudice Morton, una delle nemesi più iconiche di quegli anni. Anche nel suo caso fu scelto solo dopo che i candidati del calibro di Tim Curry, Christopher Lee, Robin Williams e Sting erano stati scartati ma il risultato rimane leggendario. Sorta di enorme becchino, cartone animato sadico e folle che si nasconde sotto le vesti di giudice puritano, fedele ad un credo sadomaso mortuario, rappresentava non solo il terrore dei totalitarismi, ma anche una critica alla stessa America.
In lui vi era il maccartismo, che aveva distrutto proprio negli anni ‘50 Hollywood, il bigottismo che metteva all’indice cantanti, film e opere d’arte, per proteggere la cosiddetta morale.
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di Giulio Zoppello www.wired.it 2023-06-22 04:30:00 ,