Di Maio, Calenda, Renzi, Toti, Carfagna e Brugnaro: i nomi in campo per aggregare consensi e non rischiare di sparire alle elezioni. Tra incompatibilit politiche e caratteriali, chi diventer il capo dei moderati?
Luigi Di Maio, Carlo Calenda, Matteo Renzi, Giovanni Toti, Mara Carfagna, Luigi Brugnaro. Sono almeno sei gli aspiranti leader di questo nuovo (grande?) centro. I lavori sono partiti, ma ancora non c’ il nome del capo cantiere. E riuscire a individuarlo sar un vero rompicapo. Perch sul tavolo ci sono profonde incompatibilit (politiche ma soprattutto caratteriali), quella tra Renzi e Calenda su tutti, compreso Di Maio inviso a entrambi
. L’operazione grande centro ha per discrete possibilit di successo, perch tutti i potenziali leader hanno un granitico obiettivo comune: non sparire alle prossime elezioni politiche.
A primavera, o (difficilmente) prima, rientrare in parlamento diventer una sfida ancora pi complicata per i piccoli partiti, poich ci saranno 345 posti in meno e ormai poche probabilit che si torni al proporzionale. Dopo ogni scissione, con un’eco pi o meno grande a seconda del contesto politico, arriva immancabilmente la prova del nove delle urne. E in tanti, pur dopo una grande ribalta per il salvataggio del governo di turno in momenti nevralgici, poi sono scomparsi alle prova delle urne. L’ultimo esempio in ordine di tempo quello di Angelino Alfano, che dopo l’addio a Forza Italia fond Ncd: rimase un ministro centrale per diverso tempo. Poi la sua creatura si dissolse: da tempo ha chiuso con la politica
e oggi una delle punte di diamante dello studio legale BonelliErede.
Servono i voti, insomma, ma chi ce li ha davvero? E poi: in una fase storica in cui sono protagonisti i partiti con l’uomo (o la donna) soli al comando, l’aggregazione di pi leader sar davvero una formula efficace per catalizzare consensi? Vediamo uno ad uno i punti forti e quelli pi deboli di ciascun aspirante leader moderato.
LUIGI DI MAIO
Almeno per ora Insieme per il futuro non sar un partito, non avr un simbolo, ma stato pensato come un contenitore temporaneo per unire pi formazioni moderate. Il ministro degli Esteri, gi capo politico del Movimento Cinque stelle, ha appena varato una clamorosa scissione dalla creatura di cui era stata tra i principali animatori. Marted, d’un colpo, ha portato via al suo ex leader Giuseppe Conte 61 parlamentari (51 deputati e 10 senatori), oltre a circa 2,5 milioni di euro di rimborsi pubblici
ai gruppi di Montecitorio e Palazzo Madama. Sar questo il tesoretto di base per provare a organizzarsi sul territorio e finanziare la campagna elettorale che, gi a settembre, entrer nel vivo. Anche questa, come storicamente quasi tutte quelle precedenti, una operazione prettamente parlamentare. Ora resta da capire, Di Maio a parte che nel suo collegio campano sempre andato fortissimo, quali saranno gli altri scissionisti in grado di portare voti veri. Una incognita mica da poco, visto che molti di questi sono pressoch sconosciuti.
CARLO CALENDA
Azione, federato a +Europa, nei sondaggi veleggia tra il 4-5%. Il leader Calenda, gi alle ultime due tornare amministrative, ha tentato di fare da capo cantiere per aggregare pi forze moderate. Sul territorio l’operazione ha funzionato decisamente meglio quando stato individuato un leader condiviso e che avesse forte legame sul territorio. L’ex ministro del governo Renzi, noto per il suo carattere fumantino
, aveva incassato (grazie alla sua martellante campagna in prima persona) un ottimo risultato alle elezioni amministrative di Roma. Poi, dopo quel boom, le sue azioni erano andate un po’ in ribasso. Alla tornata attuale tornato a vantare discrete percentuali. Ma anche qui c’ una incognita mica da poco. In pi citt, anche dove i candidati di riferimento hanno incassato buoni risultati, Azione non aveva presentato il simbolo. E siccome pure Calenda sa bene che le elezioni politiche hanno dinamiche ben diverse, anche il leader (oggi eurodeputato che fu eletto con il Pd) sta cercando di smussare i suoi spigoli e provando a dialogare anche con interlocutori assai improbabili fino a poco tempo fa: Di Maio in primis.
CARLO CALENDA
L’ex segretario del Pd sa bene come si faccia a conquistare una valanga di voti: storico il 40,8% alle Europee 2014). Ma, a stretto giro, ha avuto anche la riprova di come si possa perdere un tale patrimonio, sprofondando al 18% e spicci alle Politiche 2018. Poi arrivato la scissione dal Pd. D’un colpo, portando via ai dem una cinquantina tra deputati e senatori, tornato attore chiave: prima ha impedito che Matteo Salvini andasse al governo aprendo le porte al Conte II. Poi, in mezzo alla pandemia, ha fatto crollare l’esecutivo dell’ex premier aprendo di fatto le porte di Palazzo Chigi a Mario Draghi.
Poi, per, anche per il leader di Italia viva (che nei sondaggi oscilla tra il 2-3%) arrivata la prova delle urne e le percentuali ottenute, seppur a livello locale, sono state davvero minime. Cos, anche per il forte pericolo di sparire alle Politiche, anche una personalit con forte ego politico come Renzi ha aperto al dialogo con altre forze, premettendo di essere anche disposto a fare un passo indietro. Non a caso, intervistata dal Corriere, l’ex ministra Maria Elena Boschi ha detto una cosa non scontata: Cercare la pace con Calenda una cosa doverosa.
MARA CARFAGNA
L’attuale ministra per il Sud nel governo Draghi alla sua quarta legislatura in Parlamento. nata e cresciuta in Forza Italia come fedelissima di Silvio Berlusconi, con il quale per poi entrata in forte rotta di collisione nel 2019. Tentata pi volte di dare l’addio agli azzurri, poi non mai passata alle vie di fatto. Ha per fondato una corrente interna che si chiama Voce Libera e anima la corrente pi moderata dei berlusconiani, che come riferimento anche ministri come Renato Brunetta e Mariastella Gelmini. Carfagna, forte Campania, sua terra d’origine, una delle pedine pi attive, specie dietro le quinte, nella costruzione del grande centro
. l’unica donna dei sei aspiranti leader, il che, oltre all’esperienza acquisita nei palazzi romani, potrebbe favorire la sua possibile incoronazione come leader dei moderati.
GIOVANNI TOTI
Il governatore della Liguria, pure lui gi fedelissimo berlusconiano, ha lasciato Forza Italia nell’agosto del 2019
, ma la sua doppia elezioni alla guida della Regione stata possibile s grazie al suo profilo civico, ma soprattutto grazie ai voti di tutto il centrodestra che l’ha sostenuto. Subito dopo la scissione dagli azzurri si messo a lavorare pancia a terra per provare a costruire un contenitore moderato attirando anime diverse. Non riuscito in una operazione collettiva, ma ha messo su un partito, di fatto personale, che oggi di chiama Italia al centro, dopo aver superato Cambiamo e Coraggio Italia; quest’ultima recente esperienza stata archiviata per via dell’incompatibilit con l’altro azionista di riferimento: Luigi Brugnaro, sindaco di Venezia. Toti ha un ottimo rapporto con Matteo Renzi: la fusione con Italia viva appare l’operazione pi semplice. Ma quanti voti porterebbe?
LUIGI BRUGNARO
Il sindaco al secondo mandato alla guida di Venezia. Tra i sei aspiranti leader quello meno politico di tutti. un imprenditore, pressoch puro, prestato alla politica, il cui gruppo Humana holding (affidato a un blind trust) fattura un miliardo di euro l’anno.
Ha fondato Coraggio Italia — alleandosi con sia con Toti, sia con Gaetano Quagliariello — e costituito un gruppo in Parlamento. Poi i rapporti con gli altri due azionisti hanno portato al divorzio e sta continuando a portare avanti la sua battaglia civica anche al Sud. Un futuro in Parlamento o da ministro? Brugnaro non ha questa road map in agenda. Punta a rimanere all’esterno come federatore dei moderati.
23 giugno 2022 (modifica il 23 giugno 2022 | 13:50)
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Claudio Bozza , 2022-06-23 11:50:22 ,