Con la chiusura delle indagini è giunta anche la richiesta di rinvio a giudizio da parte della procura di Taranto nei confronti dei nove dirigenti dell’ex Ilva indagati per la morte del piccolo Lorenzo Zaratta, il bambino deceduto a soli cinque anni, il 30 luglio 2014, a causa di un tumore al cervello. Il reato contestato è quello di omicidio colposo: secondo i magistrati infatti le emissioni della fabbrica avrebbero causato la malattia che il piccolo Lorenzo ha sviluppato nei primi mesi di vita.
Come riportato da “Il Fatto Quotidiano”, tra i dirigenti dell’Iva compaiono i nomi di Luigi Capogrosso, direttore dello stabilimento Ilva fino al 3 luglio 2012 e gli ex responsabili dell’Area Parchi Minerali Giancarlo Quaranta e Marco Andelmi, il responsabile dell’Area Agglomerato Angelo Cavallo, il capo dell’Area Cokerie Ivan Di Maggio, il responsabile dell’Area Altiforni Salvatore De Felice, i capi delle due Acciaierie Salvatore D’alò e Giovanni Valentino e infine Giuseppe Perrelli, all’epoca dei fatti responsabile dell’area Gestione Rottami Ferrosi.
Secondo i pubblici ministeri Remo Epifani e Mariano Buccoliero, i dirigenti “consentivano la dispersione di polveri e sostanze nocive provenienti dalle lavorazioni delle Aree: Parchi Minerali, Cokerie, Agglomerato, Acciaierie e Gestione Rottami Ferrosi dello stabilimento siderurgico, omettendo l’adozione delle misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro e malattie professionali” e queste sostanze avrebbe causato “una grave malattia neurologica al piccolo Lorenzo Zaratta che assumeva le sostanze velenose durante il periodo in cui era allo stato fetale” e questo ha fatto sì che il piccolo sviluppasse una “malattia neoplastica che lo conduceva a morte”. Nella perizia dei consulenti della famiglia Zaratta si legge tra l’altro che “numerosi corpi estranei” sono stati trovati nel cervello del bimbo, tra cui ferro, acciaio, zinco e persino silicio e alluminio.