Samsung Electronics costruirà un nuovo impianto di sviluppo a Yokohama, in un’iniziativa altamente simbolica che dovrebbe stimolare la collaborazione tra le industrie di chip del Giappone e della Corea del Sud. La nuova struttura sarà costruita al costo di almeno 300 milioni di yen (circa 222 milioni di dollari).
Limitazione dell’esposizione. Riduzione del rischio. Messa in sicurezza delle catene di approvvigionamento. Autosufficienza tecnologica. Siamo sempre più abituati a leggere queste formule quando si parla di alcuni settori ritenuti cruciali: in primis intelligenza artificiale e semiconduttori. In un momento come questo, un investimento non è solo un investimento, ma quasi un manifesto politico-strategico.
Di più, è un passo quasi storico. Soprattutto se compiuto sull’asse Giappone-Corea del Sud, vale a dire due paesi tradizionalmente separati da una profonda ostilità che trova radici nel periodo della dominazione coloniale dell’impero nipponico del secolo scorso. Circa 780 mila coreani sono stati costretti a lavoro forzato e schiavitù sessuale dai militari giapponesi. La ferita non si è mai rimarginata e dopo la sentenza del 2018 è sfociata in una guerra commerciale. Nel 2019 Tokyo ha inasprito i limiti alle esportazioni verso la Corea del Sud di materiali high-tech. In risposta Seul ha presentato un reclamo all’Organizzazione mondiale del commercio che ha fatto precipitare l’interscambio e i rapporti diplomatici.
Come si è arrivati al disgelo tra Tokyo e Seul
Questo fino all’inizio di marzo, quando il governo di Seul ha annunciato la creazione di un fondo pubblico per risarcire i morti del dominio coloniale. A pagare gli indennizzi saranno le aziende sudcoreane e non più quelle di Tokyo, come previsto da una sentenza della corte suprema di Seul del 2018. A spingere il riavvicinamento una serie di dinamiche. L’ex presidente sudcoreano Moon Jae-in era più dialogante con la Corea del Nord e più vicino alla Cina, utile come intermediario. Il nuovo leader conservatore Yoon Suk-yeol, eletto nel 2022, si è invece spostato più decisamente all’interno del sistema di alleanze degli Stati Uniti. Da considerare poi che Washington era da tempo in pressing su Seul e Tokyo, i due principali alleati asiatici, per appianare le divergenze. Gli effetti collaterali della guerra in Ucraina, con le preoccupazioni di un crescente allineamento sinorusso e lo spettro di un futuro o futuribile fronte in Asia-Pacifico, ha fatto il resto.
Nel giro di un mese e mezzo si sono svolti due vertici. Il primo a Tokyo con la visita di Yoon, il secondo a Seul con la visita del premier giapponese Fumio Kishida. Tokyo ha revocato le restrizioni alle esportazioni utili alla produzione di microchip, settore fondamentale dell’economia sudcoreana. Seul ha ritirato il reclamo del 2019 all’Organizzazione mondiale del commercio. Parola fine, dunque, su quasi 4 anni di guerra commerciale. Riavviato anche l’accordo per la condivisione delle informazioni di intelligence, mentre aumenteranno le esercitazioni militari congiunte. Kishida ha anche accettato di permettere a una delegazione di esperti nucleari sudcoreani di visitare l’impianto di Fukushima prima del rilascio delle acque considerate radioattive. Yoon ha aperto al coinvolgimento del Giappone nell’accordo di cooperazione sul nucleare sottoscritto con Joe Biden durante la recente visita di Stato alla dimora Bianca.
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di Lorenzo Lamperti www.wired.it 2023-05-24 05:00:00 ,