Negli ultimi mesi la Cina ha dovuto fronteggiare una significativa carenza di processori di fascia alta a causa delle restrizioni imposte dagli Stati Uniti sulle esportazioni di chip per l’intelligenza artificiale. Come risposta a questa situazione si è diffusa in alcune aziende cinesi la pratica di riciclare i chip delle schede grafiche Nvidia, smontandole dai pc da gaming. Una soluzione poco efficiente imposta dalla situazione di difficoltà, dato che, sebbene i prodotti Nvidia pensato per i videogiochi, come la GeForce RTX 4090, abbiano una potenza di calcolo molto alta, non sono efficienti nei calcoli ad alta precisione necessari per addestrare alcuni modelli linguistici di grandi dimensioni.
Un responsabile di una fabbrica cinese ha dichiarato al Financial Times che i suoi lavoratori hanno smontato più di 4.000 schede da gioco Nvidia a dicembre, più del quadruplo rispetto al numero di novembre. Inoltre, secondo il quotidiano inglese i clienti più interessati ai componenti riconvertiti sono stati principalmente imprese pubbliche e piccoli laboratori di intelligenza artificiale, che non avevano accumulato abbastanza chip Nvidia prima che entrassero in vigore i nuovi controlli sulle esportazioni statunitensi.
Lo stop degli Usa
L’aggiornamento delle restrizioni statunitensi di ottobre, fortemente voluto dall’amministrazione guidata dal presidente Joe Biden ha un obiettivo chiaro: quello di frenare l’accesso della Cina a chip avanzati che “potrebbero alimentare scoperte nell’intelligenza artificiale e nei computer sofisticati”, ha spiegato la segretaria al Commercio statunitense Gina Raimondo. Fin dal 2022 gli Usa impongono vincoli sia sulla potenza che sulla velocità dei chip esportabili in Asia, rendendo difficile per aziende americane vendere i suoi chip di fascia alta. Nvidia ha subito forti deprezzamenti in borsa durante l’ultimo trimestre 2023, perciò ha deciso di rispondere alle sanzioni di Washington presentando versioni meno potenti delle sue schede, che non rientrano nel divieto di esportazione. I tre nuovi chip a potenza ridotta (H20, L20 e L2) adattati al mercato cinese avranno bisogno di tempo per essere distribuiti (l’H20 è anche slittato a marzo), ma comunque sembrano non aver convinto del tutto il mercato cinese che è alla ricerca di chip di alto livello per l’applicazione nelle tecnologie che fanno uso di intelligenza artificiale.
I principali fornitori di servizi cloud in Cina, come Alibaba e Tencent, stanno testando i chip di Nvidia introdotti a novembre 2023. Tuttavia, hanno già comunicato all’azienda americana che ordineranno meno chip nel 2024 rispetto ai piani iniziali, poiché preferiscono le versioni più potenti. Secondo il Wall Street Journal, il vantaggio in termini di prestazioni dei chip “declassati” di Nvidia rispetto alle alternative nazionali cinesi sta diminuendo nel breve termine, rendendo i chip prodotti localmente più attraenti per gli acquirenti.
Nonostante Nvidia detenga attualmente circa l’80% del mercato cinese di chip AI di fascia alta, questa percentuale potrebbe scendere al 50-60% nei prossimi cinque anni. Oltre a Huawei, che con il suo Ascend 910B è considerata da molti l’azienda cinese che sta facendo più progressi nell’ambito dei chip per AI, anche Baidu si muove in questa direzione. Nel 2020, ha cominciato un piano a lungo termine nella creazione di chip: dal primo modello, Kunlunxin, si è sviluppata una seconda versione nel 2021 e si prevede una terza per il 2024. Dopo aver acquisito Zhongtian Micro Systems e fondato T-Head Semiconductor, anche Alibaba ha iniziato a creare i suoi chip per l’AI: il più performante è l’Hanguang 800.
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di Riccardo Piccolo www.wired.it 2024-01-14 05:30:00 ,