A Shanghai iniziano a vedersi gli effetti delle azioni intraprese per garantire la fornitura di beni di prima necessità ai 25 milioni di cittadini che da più di due settimane si trovano in lockdown. Negli scorsi giorni si erano moltiplicate le notizie di seri problemi negli approvvigionamenti, soprattutto di cibo, per via non della mancanza di materie prime ma di quella di personale della filiera. A causa di questi problemi erano scoppiate le proteste nella città che sta vivendo in questi giorni il picco storico di contagi, con oltre 20 mila nuovi positivi al giorno. Per alleviare il problema, le autorità cittadine hanno concesso la riapertura di attività commerciali al dettaglio. Il panificio “THE CUE” ha dichiarato all’ANSA di aver potuto riaprire grazie alle misure del governo e che ora i dipendenti fanno un tampone ogni giorno, vivono all’interno dell’attività commerciale e si occupano personalmente delle consegne. Quando sono i clienti a recarsi nel negozio – come nel caso dei supermercati – questi devono rispettare la distanza di sicurezza e l’obbligo di mascherine, ma anche fornire il loro codice sanitario e il risultato di un test molecolare, oltre a registrare la loro carta d’identità. I dipendenti invece sono tenuti a indossare tute protettive.
Il governo ha chiesto ai negozianti di compiere tutti gli sforzi possibili per garantire l’approvvigionamento dei beni di prima necessità a Shanghai. Anche le altre provincie della Cina hanno inviato forniture alla città, tra cui 18 mila tonnellate di verdure e oltre 5 mila tonnellate di pane, ha fatto sapere Li Danghui, funzionario del ministero del Commercio. Il ministero ha anche incentivato e ottenuto la costruzione di stazioni di transito per facilitare la distribuzione delle merci senza contatto. Al momento, tre di queste strutture sono attive a Shanghai.
«Ho mangiato pane appena sfornato per la prima volta dall’inizio del lockdown», dice una abitante di Sghanghai all’Ansa. Ying si è rifornita da “The Cue”, forno che ha potuto riaprire grazie alle nuove misure. Ken, uno dei dipendenti, ha dichiarato: «Anche noi siamo membri della comunità, e qualsiasi infezione porterebbe rischi ai nostri clienti. È una grande opportunità poter tornare al lavoro». All’inizio della settimana i disagi causati dal lockdown erano arrivati a livelli inquietanti. La politica “zero-Covid” della Cina era giunta a causare, oltre alle già citate carenze di cibo e acqua, anche razzie nei supermercati e positivi prelevati a forza e portati in capannoni ad attendere la negativizzazione.
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Scritto da Antonio Di Noto perwww.open.online il 2022-04-15 13:20:36 ,