Paradossi e contraddizioni
City of Angels a suo tempo fu definito dalla critica come un’operazione puramente commerciale, una sorta di sacrilegio ad un grande affresco metafisico e culturale europeo. Ma davvero era così? Davvero concentrarsi sui sentimenti significa parlare solo di quelli? Una visione che appare viziata da un’intolleranza verso una volontà, da parte di Silberling, di far trionfare il qui rispetto all’altrove. Il paradosso è che in più momenti, il film pare quasi suggerire il contrario, ma ad uno sguardo più attento, ciò che fa Seth è cercare in tutti i modi di staccarsi dal concetto di immortalità lontana dall’umanità, e godere dell’ora e adesso, di questo mondo così fugace e incontrollabile. Era del resto un momento in cui ancora imperava la New Age, in perfetto contrasto con la volontà di una spiritualità alternativa ai dogmi che avevano dominato fino a quel momento. E di tutto questo tribolare era simbolo tanto Seth quanto Maggie.
Non si vuole qui assolutamente fare a gare tra due opere completamente diverse a livello di concezione artistica, ma anche di semantica e semiotica. Tuttavia, City of Angels è tutto tranne che un film superficiale, soprattutto all’interno di quell’universo che furono le varie commedie o drammi romantici, che proprio negli anni ’90 conobbero un’impennata non sempre accompagnata da una qualità all’altezza. Harry ti presento Sally, Pretty Woman, Notting Hill, Un Amore Tutto Suo, erano film che seguivano trame spesso scontate e poco audaci. Il paradosso è che proprio lei, Meg Ryan, la fidanzatina d’America, avrebbe conosciuto una popolarità unica con questo genere, di cui questo film fu anche un tentativo innegabile di elevazione. Nicolas Cage, se oggi è alle prese con una carriera meravigliosamente anarchica e sopra le righe, all’epoca era soprattutto un sex symbol e un divo d’azione afflitto da mancanza di considerazione. In City of Angels aveva una recitazione sotto le righe, vulnerabile, per uno dei personaggi più belli della sua carriera.
Seth si muove continuamente verso l’illuminazione, lo fa con un continuo scendere verso il basso, anche dentro il mare, cercando la verità nell’essere umano e nella nostra concezione di divino. Di base egli scappa da un recinto, da una prigione, ma senza il crollo corruttore di cui parlava l’Avvocato del Diavolo per esempio, così come era Bruno Ganz per Wenders, non rinnega ciò che è stato ma devo lasciarlo per essere altro. In questo, City of Angels, pur se privo della grazia delle parole create per Wenders da Peter Handke, rimane un racconto essenziale di riscoperta personale del senso della vita. Vale anche per Maggie, che grazie a Seth riuscirà a trovare di nuovo gioia nella vita, qualcosa magari di molto hollywoodiano ma non per questo disprezzabile. Se il Cielo Sopra Berlino ci mostrava la capitale tedesca dove ancora aleggiava il puzzo della morte, della distruzione, la pesante divisione in parte est ed ovest che di lì a poco sarebbe caduto, il film di Silberling spostava il tutto nell’America in perenne cambiamento.
L’insieme era ambientato non nella Grande Mela, la città cinematografica per eccellenza degli Stati Uniti, ma nella città degli angeli per l’appunto, il simbolo di contrapposizione più forte che l’America abbia. Alle macerie del sogno nazionalsocialista, qui si contrapponeva una città che era adornata da tramonti meravigliosi, descritta da quelle tinte quasi irreali, che sembravano uscite degli spot pubblicitari, dai videoclip, dal cinema anni ‘90 che rivoluzionava tutto. City of Angels però ci ricordava che nessuna città è stata più rappresentativa dell’America di quegli anni come Los Angeles. Era così del resto da molto tempo, con quella contrapposizione tra Hollywood, il mito, il meglio delle stelle del cinema e della musica, e poi la criminalità, i narcotrafficanti, la povertà, i vari ghetti da cui sarebbero sbucati artisti afroamericani che avrebbero cambiato la narrazione. Solo pochi anni prima la città aveva dato il via ad una serie di rivolte che avevano di fatto scatenato una sorta di apocalisse biblica per le strade, a causa del pestaggio di Rodney King.
Raccontare l’amore
La storia di Seth e Maggie fu valorizzata da una città di cui però ci arrivava un ritratto minimale spesso, quasi distante e stilizzato, a voler simboleggiare un legame con il cielo che parte già da questo mondo, da questa terra. Certo, Seth si muove come simbolo di una sfiducia dell’uomo verso Dio, verso l’altrove, che non conta, conta su quell’inizio di tecnocrazia, l’adesso, ciò che vediamo, sentiamo, tocchiamo, capiamo. Si citano Hemingway ed altri autori, ci si muove dal cielo al buio, dall’alto al basso, tuttavia ciò non deve e non può farci dimenticare che City of Angels, è soprattutto una grande storia d’amore, un grande atto di comprensione reciproca.
Seth fa capire a Meggie che esiste un altrove, inteso come altro modo di concepire se stessi, mentre lei gli insegna quanto importante sia però anche questa realtà materiale, per quanto effimera e fugace. Forse il pregio più grande di City of Angels fu però nella sua capacità di essere ad ogni modo umile, di non appesantire il tutto, soprattutto di non perdere mai il controllo.
A 25 anni di distanza, Silberling, che ha sempre narrato di morte, rinascita e salvezza, rimane autore di un film che colpisce per delicatezza, per come descrive questa storia d’amore. Certo, può essere anche tacciata di idealizzazione, di un eccesso di zucchero rispetto alla trascendenza di Wenders, ma nel profondo rappresenta tutto ciò che noi vorremmo da un rapporto sentimentale: la scoperta di qualcosa di inedito, la possibilità di ripartire con qualcuno che ci faccia scoprire nuove parti di noi stessi e dell’universo che abbiamo attorno. City of Angels un film molto pop, ma confrontato con i suoi epigoni degli ultimi anni, ne esce in modo disarmante a testa alta, al netto di alcune piccole ingenuità nella sceneggiatura. City of Angels è stato un film che più che farci innamorare dell’idea di innamorarci, ci ha spiegato come innamorarci del cambiamento. Qualcosa che qualcuno potrebbe trovare anche semplicistico, se non fosse che nella vita di tutti i giorni è proprio ciò che ci manca spesso e volentieri.
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di Giulio Zoppello www.wired.it 2023-04-10 04:30:00 ,