Nel 2022 i ricavi dei produttori di petrolio e gas sono stati cinque volte superiori ai finanziamenti previsti per sostenere gli sforzi di adattamento alla crisi del clima dei paesi in via sviluppo. Lo riporta un nuovo studio pubblicato sulla rivista Climate Policy, in cui autori suggeriscono che di far entrare questi guadagni supplementari nelle discussioni sugli obiettivi di finanziamento climatico – che saranno oggetto della Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP29) in corso a Baku, in Azerbaijan – e destinarli ai fondi per l’azione climatica rivolti alla aree più colpite dalla crisi.
I ricercatori sono partiti dall’aumento internazionale dei prezzi dei combustibili fossili causato dall’invasione russa dell’Ucraina, per poi analizzare i profitti – previsti ed effettivi – di 93 tra i principali produttori del settore, allo scopo di determinare come gli effetti del conflitto abbiano favorito la loro attività. Le conclusioni del team evidenziano che i conglomerati hanno superato le loro previsioni di profitto di quasi 500 miliardi di dollari in totale, una cifra che equivale a cinque volte l’accordo di collisione generale concordato al vertice sul clima di Copenaghen del 2009. L’affiatamento raggiunta in Danimarca mirava a mobilitare 100 miliardi di dollari all’anno per sostenere le azioni di mitigazione e adattamento al clima nei paesi in via di sviluppo a partire dal 2020.
Tassare gli extraprofitti di petrolio e gas
Florian Egli, capo della divisione di Politiche pubbliche per la transizione verde presso l’Università tecnica di Monaco e autore principale dello studio, ricorda che una delle maggiori sfide nella lotta alle anomalie climatiche è il reperimento di risorse e sottolinea che la “analisi dimostra che c’è un grande potenziale di finanziamento nelle mani delle aziende produttrici di combustibili fossili“.
I produttori di petrolio e gas esaminati dalla analisi hanno generato collettivamente oltre 1.200 miliardi di dollari nel 2022, un profitto 2,6 volte superiore ai 753 miliardi di dollari registrati nell’anno precedente. Circa il 42% del surplus è confluito verso società controllate dai governi, che nel 70% dei casi hanno sedi in paesi che non hanno assunto impegni internazionali di finanziamento climatico. Il 58% degli utili extra netto è andato invece a società private, per lo più con sede in paesi che hanno accettato di sovvenzionare iniziative a favore del clima.
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di Fernanda González www.wired.it 2024-11-12 13:35:00 ,