“Nello specifico, prosegue l’ordinanza, essa offre servizi atti a filtrare tutte le richieste di connessione a un determinato sito da parte degli utenti, rendendole più sicure. In tal modo, tutti gli utenti collegati a Cloudflare utilizzano la connessione di quest’ultima, e non la loro, che viene filtrata dai servizi di connessione formiti alla reclamata. Così facendo, essa si interpone tra la richiesta di accesso a un determinato sito dell’fruitore e il sito stesso, agendo come intermediario e servendo l’fruitore finale con i dati memorizzati nei data center dislocati sui territori”.
La ricostruzione dei magistrati prosegue così: “[Cloudflare, ndr] ha creato e messo a disposizione un servizio DNS pubblico denominato 1.1.1.1 e/o 1.0.0.1 che può essere utilizzato come servizio alterrnativo alla risoluzione DNS generalmente fornita dagli operatori di telecomunicazioni: così, quando questi ultimi su ordine dell’AgCom bloccano l’accesso ai siti vetrina, il servizio DNS offerto da Cloudflare consente agli utenti di individuare comunque e successivamente di accedere a tali siti”. Infine, “Cloudflare offre gratuitamente un servizio VPN che consente di aggirare i blocchi disposti dall’autorità di vigilanza, nonché i servizi di content delivery network, DNS autoritativo e di reverse proxy che aiutano a ottimizzare la consegna dei contenuti agli utenti, nascondendo il dominio di provenienza e proteggendo in caso di blocco, e che rendono più efficiente la tramissione e velocizzano lo scaricamento dei dati”.
Mettere a disposizione questo tipo di servizi, concludono i magistrati, “contribuisce dunque causalmente alla violazione compiuta dai terzi [gli utenti, ndr], i quali sfruttano consapevolmente le potenzialità offerte dai servizi dell’intermediario” per guardare la partite gratis “anche “dopo l’adozione di provvedimenti di disabilitazione dei siti vetrina adottati dall’autorità di vigilanza”. In conclusione, “può ritenersi accertato sia il contributo casuale che Cloufdlare, tramite i propri servizi, ha offerto e tuttora offre nelle commissione degli illeciti denunciati, sia il suo rifiuto ad attivarsi per impedire le violazioni” nonostante la diffida della Lega di Serie A.
Consegnare i dati degli utenti
Per questo motivo, il tribunale ha ordinato a Cloudflare di cessare la fornitura di servizi che rendono possibile guardare le partite senza pagare un abbonamento ai titolari dei diritti e di “adottare le misure tecnologiche e organizzative necessarie per rendere non fruibili da parte degli utilizzatoti finali i contenuti diffusi abusivamente”. Potrebbe significare aderire alla piattaforma Piracy Shield, ma il tribunale non lo specifica: si rimarca l’obiettivo, da raggiungere adottando “le più oportune misure tecniche”. Inoltre, i magistrati ordinano a Cloudflare di fornire dati e informazioni sull’identità dei clienti che hanno usufruito e usufruiscono dei servizi utilizzati per le violazioni. I pirati, adesso, potrebbero avere qualche grattacapo. Se Cloudflare non si adegua, la aspetta una penale di 10mila euro al giorno.
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di Antonio Piemontese www.wired.it 2024-12-20 17:43:00 ,