Acclarate origini e finalità del film è infatti evidente che le ambizioni sono superiori agli esiti. In questa storia familiare, in cui ad essere prede dell’orso sono gang di ragazzi (una pop art gang che si chiama Doochamps), ranger e la classica buona famiglia protagonista con mamma premurosa, c’è molto spesso un tono da parodia, uno sottolineato da tagli di capelli buffi e un gioco con le convenzioni dei film di mostri, sempre stemperate da un umorismo non proprio raffinatissimo. Non è scritto male Cocainorso, ma sbaglia il tono, non ha la capacità di prendere questa storia e farne sia un film molto molto violento, sia uno molto divertente.
E nonostante gli orsi siano tutti in computer grafica, non ci siano di certo veri animali costretti a fare quel che vediamo, né tantomeno ci siano veri animali in sofferenza, lo stesso il tono è così mal gestito e così poco abile nel catturare lo spettatore che non è difficile finire a provare pena per i personaggi invece che ridere di o con loro. Si prova pena innanzitutto per l’orso, anche se come detto è finto, perché il film è così maldestro da farci immedesimare con lui, avvicinarci e farci provare empatia di fronte alla stupidità umana e quindi portarci a provare dispiacere per le continue sniffate (sì, sono più di una) che inevitabilmente finiranno a fargli male. Ancora di più quando compaiono i cuccioli.
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di Gabriele Niola www.wired.it 2023-04-17 14:00:00 ,