Nuovo terremoto nella leadership repubblicana. Il prescelto a diventare speaker della Camera, Steve Scalise, ha improvvisamente rinunciato alla nomination nelle ultime ore e ritirato la propria candidatura. Ha ammesso di non esser riuscito a unire il partito e ad assicurarsi sufficienti consensi per essere eletto in seduta plenaria in aula. Il colpo di scena lascia il partito nella bufera e la Camera paralizzata mentre si accumulano le emergenze, dalla scadenza del budget a metà novembre a mozioni e stanziamenti per le gravi crisi internazionali in Israele e Ucraina. Senza speaker non può aver luogo alcuna attività legislativa.
Scalise aveva bisogno di almeno 217 voti tra i deputati repubblicani per essere eletto e, secondo le ultime stime, sarebbe stato in difetto di almeno 17 consensi. I repubblicani hanno un risicato vantaggio di quattro voti in aula e tradizionalmente la minoranza, in questo caso i democratici, si esprime compatta contro il candidato della maggioranza. “Mi faccio da parte nella speranza che qualcun altro sia in grado di unire il partito”, ha detto nella nottata Scalise.
Attualmente il numero due repubblicano alla Camera in qualità di capogruppo, veterano del Congresso, Scalise era uscito vittorioso nella gara per la nomination a speaker all’interno di repubblicani. Ma solo di stretta misura, con 113 voti contro 99, nello scrutinio a porte chiuse. I 99 contrari avevano appoggiato il combattivo Jim Jordan sostenuto da Donald Trump. Jordan si era poi formalmente schierato a sostegno di Scalise, ma senza entusiasmo, e molti dei suoi sostenitori dell’ala della destra più radicale avevano mantenuto il loro no a Scalise.
Trump stesso è sceso in campo contro di lui, ricordando che “è in difficoltà” anche per un cancro del sangue per il quale si sta sottoponendo a terapie. Contro Scalise, però, si è mosso anche l’ex speaker già sfiduciato dall’ultra-destra Kevin McCarthy, che ha detto esplicitamente come Scalise avesse sopravvalutato la sua posizione nel partito. McCarthy è sempre stato ai ferri corti con Scalise. Alcuni altri repubblicani più moderati hanno a loro vollta preso le distanze dal candidato, creando una situazione insostenibile che ha intrecciato lotte personali e tra diverse fazioni.
Adesso i repubblicani dovranno trovare una nuova soluzione alla crisi. Jordan si è per il momento ricandidato. McCarthy non ha escluso di tornare in gioco: ha detto che lascerà al partito la decisione se reinsediarlo o meno nell’incarico dal quale era stato rimosso.