Se le temperature globali aumentassero di un o più gradi rispetto ai livelli attuali, ogni anno miliardi di persone sarebbero esposte a umidità e calore estremi sperimentando, di conseguenza, problematiche legate alla salute, come colpi di calore e infarti. È questo uno dei risultati più importanti emersi da una ricerca coordinata dal Penn State College di New York, che evidenzia ancora una volta l’urgenza di mitigare i cambiamenti climatici. Gli autori, infatti, hanno sottolineato sulle pagine di Pnas come il riscaldamento globale oltre 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali, limite imposto dall’accordo di Parigi firmato nel 2015 da 196 nazioni per limitare appunto l’aumento delle temperature globali, sarà sempre più devastante per la salute umana in tutto il pianeta.
Le regioni invivibili
Per identificare le aree della Terra in cui il riscaldamento porterebbe a livelli di calore e umidità considerati “insopportabili” per il nostro organismo, gli autori del nuovo studio hanno modellato gli aumenti della temperatura compresi tra 1,5°C e 4°C (lo scenario peggiore in cui il riscaldamento globale inizierebbe ad accelerare), prendendo in considerazione anche altri fattori ambientali, come l’umidità, la velocità del vento e la radiazione solare. Secondo i risultati, se la temperatura globale aumentasse di 2°C rispetto ai livelli preindustriali, gli abitanti del Pakistan, della Cina orientale e dell’Africa sub-sahariana ogni anno sarebbero esposti a molte (e troppe) ore di calore che superano la tollerabilità dell’organismo umano.
In particolare, queste regioni diventerebbero inabitabili, in quanto sperimenterebbero ondate di caldo ad alta umidità, che sono più pericolose: l’aria, infatti, non può assorbire l’umidità in eccesso e ciò limita l’evaporazione del sudore. Se il riscaldamento del pianeta arrivasse a 3°C rispetto ai livelli preindustriali, hanno spiegato i ricercatori, i livelli di calore e umidità che superano la nostra tollerabilità inizierebbero a influenzare anche la costa orientale e il centro degli Stati Uniti, il Sud America e l’Australia.
I limiti dell’organismo umano
In un recente studio, gli stessi ricercatori hanno svolto diversi esperimenti per riuscire a documentare i livelli combinati di calore, umidità e sforzo fisico che gli esseri umani possono tollerare prima che i loro organismi non riescano più a mantenere una temperatura interna stabile. “Quando le persone si riscaldano, sudano e più sangue viene pompato nella loro pelle in modo che possano mantenere la temperatura interna disperdendo calore nell’ambiente”, ha spiegato il co-autore W. Larry Kenney. “A certi livelli di calore e umidità, questi aggiustamenti non sono più sufficienti e la temperatura interna del corpo inizia ad aumentare. Questa non è una minaccia immediata, ma richiede quantomeno un sollievo. Se le persone non trovano un modo per rinfrescarsi entro poche ore, ciò può portare a colpi di calore e tensioni sul sistema cardiovascolare che possono provocare attacchi di cuore nelle persone vulnerabili”.
Fermare i gas serra
Per fermare l’aumento delle temperature, i ricercatori hanno citato decenni di ricerche che evidenziano come sia necessario ridurre le emissioni di gas serra, in particolare l’anidride carbonica emessa dalla combustione di combustibili fossili. Se non verranno apportati questi cambiamenti, i paesi a medio e basso reddito soffriranno di più. Come esempio, gli autori hanno indicato Al Hudaydah, nello Yemen, una città portuale di oltre 700mila abitanti sul Mar Rosso. I risultati dello studio hanno suggerito che se il pianeta si riscaldasse di 4°C, questa città potrebbe registrare più di 300 giorni in cui le temperature supererebbero i limiti della tollerabilità umana ogni anno. “Il peggiore stress termico si verificherà nelle regioni che non sono ricche e che si prevede subiranno una rapida crescita della cittadinanza nei prossimi decenni”, ha concluso il co-autore Matthew Huber. “Ma anche le nazioni ricche soffriranno di questo caldo e, in questo mondo interconnesso, tutti possono aspettarsi di essere colpiti negativamente in qualche modo”.
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di Marta Musso www.wired.it 2023-10-10 13:53:55 ,