Il primo appuntamento è per giovedì 13 ottobre alle 18.30 sotto l’ambasciata russa con una “piattaforma” chiara e senza ambiguità: c’è un aggressore e violatore del diritto internazionale, la Russia di Vladimir Putin, che va condannato; e c’è un aggredito, l’Ucraina di Volodymyr Zelensky, che va difeso e sostenuto anche con l’invio di armi. A organizzare la mobilitazione è un gruppo di associazioni tra cui Base Italia di Marco Bentivogli e il Comitato giovani per l’Ucraina. Ed è questa la manifestazione a cui ha deciso di partecipare, battendo sul tempo il M5s, il segretario dem Enrico Letta. Perché reclamare la pace in modo neutro, senza prendere chiaramente le parti dell’Ucraina, significa per il segretario uscente del Pd essere di fatto favorevoli alla strategia di Vladimir Putin e auspicare la resa del Paese invaso e massacrato dai russi.
Il secondo appuntamento è a metà novembre, sempre a Roma (la data è ancora da fissare tra due opzioni: il 12 e il 19), per invocare la pace subito. Anche se si sorvola sullo specificare in che modo ottenerla. Promossa da associazioni come Acli e Arci, è questa la manifestazione a cui ha deciso di partecipare, sia pure senza bandiere, il presidente del M5s Giuseppe Conte. Il quale non ci sta ad essere dipinto come filo-putiniano per la sua posizione contraria all’invio di armi all’Ucraina: «Usano in modo vergognoso questa accusa come una clava per soffocare qualsiasi dibattito».
Il terzo appuntamento, per ora solo annunciato, è concomitante al secondo ed è promosso dal leader del cosiddetto Terzo polo (Azione più Italia Viva) Carlo Calenda, che pur condividendo la posizione atlantista e anti-putiniana di Letta non parteciperà al sit in davanti all’ambasciata russa: meglio una contromanifestazione a Milano in favore dell’Ucraina e contro Putin.
Tra Roma e Milano, tre piazze diverse per le tre opposizioni
Niente più di questo balletto delle manifestazioni sulla guerra in Ucraina (oltre alle tre citate ce ne sono in programma molte altre nelle prossime settimane, la più importante delle quali è quella del 5 novembre a Roma di 500 realtà sociali e sindacali per rivendicare pace ma anche diritti e lavoro) descrive la spaccatura dell’opposizione al costituendo governo Meloni. O meglio delle tre opposizioni, anche se con dei distinguo: in questa fase la distanza tra il M5s e il Pd è forte sui temi, mentre tra Pd e Terzo polo è una distanza dovuta soprattutto alla “visibilità” ricercata da Calenda e da Matteo Renzi nei confronti del loro ex partito. Ma pur sempre una distanza.
La vera frattura tra Letta e Conte (e Draghi) è stata sulla guerra in Ucraina
Resta che, a livello politico, Pd e Azione sono uniti nell’accusare il M5s di essere ambiguo nella condanna alla Russia e il M5s accusa Pd e Azione di non contrastare l’escalation militare e, in questo modo, di non spingere abbastanza per i negoziati di pace. E non è un caso che sia proprio la questione della guerra in Ucraina a dividere in questi giorni ancora più profondamente l’ex centrosinistra già presentatosi in ordine sparso alle elezioni del 25 settembre. «È stata la guerra in Ucraina a cambiare tutto», ripete spesso Letta rievocando gli eventi che hanno portato alla frantumazione di quel “campo largo” a lungo ricercato e in alcuni casi sperimentato con successo alle comunali. Prima ancora della decisione di Conte di far cadere il governo Draghi, la frattura tra Pd e M5s era già avvenuta sul posizionamento internazionale.