Con Piano Mattei nuovo capitolo, bene settori proposti

Con Piano Mattei nuovo capitolo, bene settori proposti



Con il Piano Mattei “apriremo un nuovo capitolo” nelle relazioni con l’Italia. “Apprezziamo davvero quest’idea e pensiamo che sia il miglior modo per cooperare. E apprezziamo anche i settori che sono stati proposti dall’Italia. Agricoltura, energia, trasformazione digitale sono molto importanti per l’Africa”. Lo afferma in un’intervista all’Adnkronos l’ambasciatore del Senegal a Roma, Ngor Ndiaye, sottolineando come “la struttura, i principi e le linee guida del piano siano molto interessanti” e aprano la strada a una “partnership vantaggiosa per entrambe le parti”.

Ndiaye esorta il governo Meloni a coinvolgere la Commissione africana nella preparazione del piano perché, spiega, “non si può sviluppare il piano in Italia e andare a realizzarlo in Africa”. Le parti “dovrebbero sedersi insieme, elaborare un piano Mattei e attuarlo insieme. Ecco perché il capo dello Stato era qui e ha espresso, ovviamente, la disponibilità a collaborare con l’Italia. Speriamo che questo messaggio sia stato recepito molto chiaramente dalle autorità italiane”, prosegue il diplomatico, secondo cui finora dall’Italia sono arrivate “idee, proposte, ma non il piano completo”, anche se “ne abbiamo discusso e ne conosciamo la filosofia. Tecnicamente, però, non abbiamo un documento chiamato Piano Mattei in cui possiamo trovare tutte le proposte avanzate dal governo italiano”.

L’ambasciatore ritiene che siano infondate le accuse di neocolonialismo mosse da più parti al governo Meloni. “L’Africa è ormai troppo grande, troppo forte per essere colonizzata – replica – Si può colonizzare uno Stato, ma non puoi colonizzare l’intero continente. L’Africa conta più di un miliardo di persone. Quindi né l’Italia, e neanche gli Stati Uniti, possono colonizzarla. Queste sono solo parole che le persone usano quando vogliono criticare un’opinione. Ma noi in Africa non perdiamo tempo con questo” perché “sappiamo chi siamo. Sappiamo cosa vogliamo e sappiamo perché i leader africani erano qui. L’esperienza del summit con l’Italia, l’abbiamo avuta anche con la Cina, con la Russia, con la Turchia, con gli Stati Uniti e con l’Unione Europea – scandisce – Tutti i partner sono uguali per noi e daremo all’Italia la stessa considerazione che diamo a Francia, Cina, Spagna, Stati Uniti e Cina”.

Evidenziando quindi che “Italia e Senegal hanno una cooperazione molto forte sin dalla nostra indipendenza”, il diplomatico rimarca la buona collaborazione che il Paese africano ha con Leonardo, dalla quale nei prossimi anni acquisterà alcuni equipaggiamenti. “Stiamo lavorando anche con Saipem perché avremo gas e petrolio in Senegal, al confine con la Mauritania. E ci aspettiamo che l’Italia collabori con noi nello sfruttamento e nell’esportazioni. Anche in agricoltura serve l’esperienza che l’Italia ha con le pmi”.

Ndiaye avanza poi una richiesta di un accordo sulle pensioni con l’Italia legata alla presenza di tanti senegalesi, oltre 150mila precisa, che oggi lavorano nel nostro Paese. “Vogliamo che i nostri concittadini che vivono e lavorano qui, quando andranno in pensione e torneranno in Senegal possano trarre beneficio dai contributi sociali che hanno versato – dichiara – Abbiamo proposto un accordo alle autorità italiane e speriamo che si apra la discussione”.

L’ambasciatore esclude che il Senegal, come indicato dal Wall Street Journal per altri Paesi dell’Africa occidentale come Gabon e Guinea Equatoriale, possa accettare di ospitare una base militare cinese. “Russia e Cina non hanno influenza politica in Senegal, ma siamo business partner – premette – Noi non siamo comunisti, non c’è un partito comunista in Senegal. E per quanto ne so, le nostre relazioni con Cina e Russia sono focalizzate sugli investimenti e sugli ambiti economici, non sulla politica”. E l’idea di una base militare “non è mai stata presentata. Abbiamo militari francesi, ovviamente, ma è dall’indipendenza e stiamo cercando di farli partire. Ci sono anche gli Stati Uniti, ma solo per addestramento – puntualizza – Non accetteremo mai di avere una base militare straniera in Senegal. Cina e Russia, è lo stesso. Non ne abbiamo bisogno, davvero. Abbiamo un esercito molto forte che ha partecipato a tutte le operazioni di peacekeeping”.

Il diplomatico commenta quindi i recenti tumulti scoppiati in Senegal e costati la vita ad almeno tre persone a seguito della decisione del presidente, Macky Sall, di rinviare le elezioni presidenziali. Un fatto “nuovo, mai accaduto prima”, tiene a precisare Ndiaye, secondo cui il Senegal storicamente è sempre stato un’oasi di stabilità in Africa, ma senza nascondere il momento delicato che il Paese sta vivendo. “Non vogliamo avere quella che in francese viene chiamata ‘la maledizione del petrolio e del gas’ a cui molte persone sono interessate”, aggiunge, evidenziando che Sall ha annunciato che se ne andrà e che le elezioni sono necessarie, ma “a volte si verificano nuove situazioni”. L’ambasciatore spiega che ora la decisione è nelle mani della Corte costituzionale, che dovrà accettare o respingere il rinvio del voto. La sentenza potrebbe arrivare entro la fine di questa settimana e “speriamo che tutti i politici accettino lo stato di diritto. In realtà non è una crisi grande. Tutte le istituzioni stanno funzionando”.

L’ambasciatore sostiene che la protesta non sia alimentata dall’esterno dato che i “politici senegalesi non accetterebbero mai di essere utilizzati da stranieri. Questa è una questione interna che si risolverà tra senegalesi. Alla fine ci siederemo insieme e troveremo una soluzione”, ma anche il contesto regionale “complicato” con cui il Senegal si trova a fare i conti non lascia tranquilli. “La situazione nella regione del Sahel è molto complicata in questo momento. Abbiamo avuto golpi militari in Mali, in Niger, in Guinea e in Burkina Faso. Dobbiamo quindi essere molto attenti nella decisione che prenderemo. E speriamo che il Senegal rimanga una democrazia e un modello”, afferma, precisando che dalla sua indipendenza il Senegal non ha mai avuto un colpo di Stato militare. “I nostri soldati sono molto professionali. Naturalmente tutto può succedere, ma non ci sono segnali che i militari siano interessati a prendere il potere – conclude – Non c’è alcuna crisi aperta, ma vedremo dopo la decisione della Corte Costituzionale”.



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2024-02-13 14:15:27 ,

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