“Venite, ho fatto una cosa brutta”: con questa parole si era rivolto ai carabinieri Bujar Fandaj, il cittadino kosovaro di 41 anni, poco prima di essere arrestato con l’accusa di aver ucciso a coltellate Vanessa Ballan il 19 dicembre scorso a Spineda di Riese Pio X (Treviso). Una frase che, secondo la procura, avrebbe sostanzialmente il valore di una confessione. Così non è per le avvocate dell’uomo, che hanno presentato istanza al tribunale del Riesame di Venezia contro l’ordinanza di custodia cautelare in carcere a carico del presunto femminicida.
Le falle secondo la difesa
Le due legali, Chiara Mazzocato e Daria Bissoli, lo avevano in sostanza già preannunciato poco dopo la loro prima visita in carcere a Fandaj. Certo, l’impianto accusatorio su cui si regge il provvedimento va al di là della breve frase al telefono, ma intanto la difesa si oppone prima che questo diventi l’appiglio con cui l’accusa sostiene che l’uomo sia reo confesso. “Il nostro assistito è molto provato – avevano riferito dopo l’interrogatorio di convalida, in cui Fandaj era rimasto zitto -. Non riesce a dormire né a mangiare. È veramente difficile instaurare una comunicazione con lui in questo momento”. Ci sono, secondo il collegio difensivo, delle ‘falle’ nella ricostruzione delle fasi del delitto, dei dubbi sulla premeditazione e quindi sulla pesantezza della misura cautelare, quella massima prevista.
Carcerazione necessaria per tribunale
Secondo l’ordinanza del Gup, invece, la carcerazione preventiva è ritenuta necessaria per il pericolo di fuga, dell’inquinamento delle prove e della possibile reiterazione del reato. Nella stessa telefonata, infatti, l’uomo aveva detto di volersi costituire il giorno dopo il delitto, ma alcuni elementi avevano fatto sospettare i carabinieri che quella non fosse proprio la sua volontà: anche da un post sui suoi social c’era la foto di uno svincolo autostradale, accenni alla libertà, il girovagare per i paesi intorno a Riese Pio X con tanto di sosta a un bar per una birra. Tanto che una pattuglia lo stava attendendo proprio davanti a casa, lo ha visto entrare e ha suonato il campanello, facendosi aprire e accompagnandolo in caserma. Non è escluso che le due legali decidano di far rilasciare nei prossimi giorni al loro assistito delle dichiarazioni spontanee al magistrato, dopo che i funerali della vittima sono stati celebrati, e che il rispetto nei confronti di Vanessa e dei suoi cari è stato osservato. Per il secondo femminicidio che ha sconvolto il Veneto nel giro di un mese, dunque, è giunto il momento del passaggio alle aule di giustizia.
[email protected] (Redazione Repubblica.it) , 2024-01-01 17:37:57 ,www.repubblica.it