La foto di gruppo rappresenta il perimetro, per dirla in politichese. Diluvia a Roma, anche nei pressi del palco della festa di Avs al parco Nomentano: ci sono i padroni di casa Bonelli e Fratoianni, c’è Riccardo Magi, soprattutto ci sono Elly Schlein e Giuseppe Conte. Lo dicono a chiare lettere: insieme, sono l’alternativa alla destra di governo. Poi ci sono due assenti, almeno potenziali: Carlo Calenda e, soprattutto, Matteo Renzi, sul cui approdo tra le fila dei progressisti si parla ormai da mesi. Elly Schlein, segretaria del Pd nonché azionista di maggior parte della coalizione, ripete il mantra: non chiude e non apre al ritorno del fu Rottamatore nel centrosinistra. La testimonianza plastica arriva quando la moderatrice dell’incontro, Serena Bortone, le pone una domanda netta: quando si è trattato di presentare la raccolta firme per il referendum contro l’autonomia differenziata c’era anche Maria Elena Boschi. È una presenza che tornerà? Il pubblico fischia e rumoreggia, la platea ha già deliberato: non sia mai. E anche questa non è una novità. La leader dem non ci sta: “Prima di ragionare sui nomi, urge confrontarsi sui temi”. Poi argomenta: “Penso che sia importante che siamo qui tutti insieme. Abbiamo cose di cui discutere ma discutiamone tutti insieme – spiega – In alcune regioni e comuni siamo stati in grado di mettere insieme forze che qui non ci sono, con un progetto credibile e serio. Proviamo a non prenderla da nome a nome, ma da tema a tema”.
Calenda e Renzi non vengono mai citati, il pubblico si infiamma, Schlein continua: “Se qualcuno – aggiunge – ci viene a dire di rifare un jobs act diremo tutti no. Poi però c’è un nucleo su questo palco su cui saremo tutti d’accordo”. Si parte da chi c’è sul palco di Avs, insomma. Ed è un messaggio chiaro, almeno questo. “Le differenze ci sono ma abbiamo la possibilità di unirci per affrontarle – argomenta Schlein – È tanto più quello che ci unisce. È bello essere qui. Lo sapete, sono testardamente unitaria”. Giuseppe Conte, nettamente contrario a riaccogliere Renzi, va oltre: “Quando ci avvicineremo, ci riuniremo e valuteremo sulla base di vari criteri. Ma credo che questo sia l’ultimo dei problemi. La cosa importante è costruire un progetto. Quando c’è un progetto credibile e coeso, poi si trova il candidato migliore: frontwoman o frontman” sottolinea, rispondendo a chi chiedeva come si sceglierà il leader del campo progressista. Che si fonda sui temi.
Quali? “Sanità, la scuola pubblica, il lavoro” dice Schlein. Che poi aggiunge: “Non su tutto saremo d’accordo ed è sano. Nei discorsi che ascolto con attenzione dei leader vedo un tratto comune che risponde a un bisogno comune di piegare lo stato di cose. Siamo stati bravi a farlo quasi ovunque nelle amministrative – spiega – L’alternativa su cui lavorare con cura c’è già in Parlamento. Se ci presentiamo insieme saremo tutti più forti e credibili”. La platea, però, si infiamma quando si parla di politica estera. “Ci sono differenze in politica estera. Non ho compreso se la spinta verso il rispetto del diritto internazionale a cui fa riferimento Conte, lui confida di poterlo trovare in Trump. Siamo chiari su questo” dice il segretario di +Europa Riccardo Magi. Il presidente di M5s scuote la testa, dice di non aver difeso Trump, ricevendo supporto da più persone tra il pubblico. “Secondo questa logica se non sono soddisfatto di come è stato gestito il conflitto russo ucraino allora sono filo putiniano?”, replica Conte. Magi ribatte: “Un Paese bombardato ha il diritto di difendersi”. Il pubblico fischia rumorosamente quest’ultima affermazione. Quando gli animi si placano, Schlein, invitata a rispondere dalla moderatrice, decide di non intervenire.
Si tratta a tutti gli effetti dell’unica increspatura di una serata in cui i leader sottolineano con convinzione di essere il nucleo politico della coalizione alternativa alla destra. L’impegno comune è quello di valorizzare le convergenze e lavorare sui disaccordi, a cominciare dalla costruzione di una piattaforma programmatica. Tra i vertici Dem, non sembrano esserci dubbi: è questo il perimetro politico e unitario delle forze di opposizione, che si preparano a governare il Paese. Come ha più volte ripetuto la segretaria del Pd Schlein, però, la linea rimane contraria ai veti. Dopo un’estate animata dal tentativo di Renzi di spostare Italia Viva nel centrosinistra, un piccolo spiraglio resta aperto sul confronto a partire dalle cinque priorità lanciate dalla leader a Reggio Emilia. “La gente è stufa di litigi da condominio, bisogna unire le nostre forze su temi concreti”, dichiara la leader. “Da qui, oggi, parte la ‘Terra Comune‘ del centrosinistra per la costruzione di una base programmatica, costruiamo un programma comune in Parlamento e nel Paese”, incalza Bonelli di Europa Verde. A armare la riflessione ci pensa Fratoianni di Sinistra Italiana. “Quello sul palco, vorremmo fosse il nucleo della coalizione”, spiega. “Un gruppo – aggiunge – che ricerchi la massima convergenza possibile e si faccia carico della costruzione dell’alternativa, il perimetro serve a qualcosa se è credibile e riporta le persone al voto, la somma algebrica non porta da nessuna parte”. Quando c’è da ragionare sul quintetto di leader sul palco, i vertici del M5s vanno dritti al punto: “Siamo sicuramente le forze che hanno lavorato più coerentemente e convintamente insieme in Parlamento per costruire un’alternativa alla destra e che si impegnano a farlo nei prossimi mesi“.
Il veto su Renzi non accenna a cadere. Diversi parlamentari 5s insistono: “Etica pubblica, lotta all’affarismo e affidabilità non sono semplici beghe di condominio, ma il core business dell’accordo su un programma credibile e alternativo”. Da queste parti, insomma, la porta a Renzi rimane chiusa. Mentre Azione, con le parole di Calenda, al momento si tiene fuori: “Sui temi siamo divisi ed è per questo che non siamo nel campo largo, che è un gran casino”. Anche Magi di +Europa sottolinea le differenze che ancora restano tra i cinque partiti. Dalla guerra in Ucraina al Jobs Act, passando per il ruolo dell’Ue e dell’agenda Draghi. Ma rilancia: “Serve un tavolo permanente che costruisca convergenze lavorando sulle differenze“. Per il “nucleo politico” del campo largo, l’ala centrista non è il solo rebus. Le differenze sui temi rimangono, il cammino per smussarle resta lungo. Nel frattempo smette di diluviare, i leader scendono dal palco e si concedono un brindisi collettivo a favore dei fotografi. C’è chi scherza: “È il patto della birra“.
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di F. Q.
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2024-09-12 21:11:33 ,