‘Corbarino’, cultivar recuperata volàno per il territorio – Campania

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Sindaco di Corbara, mantenere viva la produzione


(ANSA) – NAPOLI, 26 LUG – Nel 2007, raccontano i produttori,
il ‘Corbarino’ era un pomodoro dimenticato e ormai abbandonato;
alcuni abitanti dell’area di Corbara (Salerno), da cui ha preso
il nome, hanno, invece, deciso di recuperarne il seme e
ripiantarlo. Un’agricoltura “eroica” poiché in campagna si
raccoglie con il solo supporto di mani e braccia, senza
strumenti né macchinari. E anche perché il ‘Corbarino’ è un
frutto di collina e ciò ne rende meno agevole la raccolta. La
caratteristica principale è il basso grado di sapidità, che lo
rende dolce al palato.
   
“Alla fine degli anni 90 – spiega l’imprenditore Carlo
D’Amato – il Corbarino dei Monti Lattari o Corbarino stava
scomparendo, nel 99/2000 fu istituito a Corbara un campo
sperimentale visto che il seme stava ‘imbastardendosi’. In
maniera naturale vennero estirpate tutte le piante che non
avevano la forma tipica a lampadina/perino conservando quelle
idonee e alla maturazione furono presi i semi per la
riproduzione, come avviene ogni anno. Dall’inizio degli anni
Novanta ho avviato varie collaborazioni e vari tentativi per
reintrodurlo, nel 2006, ho fondato I Sapori di Corbara ma in
quell’anno ne sono stati lavorati solo 40 quintali. Dal 2007 il
laboratorio e nel giro di pochi anni i quintali si sono
decuplicati. Oggi se ne coltivano circa 2000/2500 di cui 1500
trasformati in azienda e il restante va al consumo familiare dei
produttori stessi o venduto fresco’”.
   
Dal punto di vista gastronomico si può definire una
eccellenza ma c’è un altro aspetto forse ancora più importante.
   
“Stiamo spingendo – sottolinea il sindaco di Corbara Pietro
Pentangelo – per mantenere viva la produzione per evitare una
politica di urbanizzazione edilizia molto aggressiva che
vorrebbe fagocitare il territorio agricolo”.
   
Sono questi alcuni degli aspetti emersi nel corso di un
incontro con la stampa tenutosi a Corbara e promosso dal Comune
e dal primo cittadino, da Agostino Ingenito, coordinatore della
rete di filiera Corbara Excellent, che sta lavorando per
valorizzare tutti i prodotti corbaresi, coinvolgendo le imprese
del territorio, con l’obiettivo di realizzare un paniere con le
eccellenze enogastronomiche della zona e dall Pro Loco che
hanno permesso di scoprire o riscoprire questo particolare
pomodorino di collina, che in questo periodo matura ed è pronto
per il raccolto. Aspetto interessante è anche quello
paesaggistico. Affascinante è il colpo d’occhio dei
terrazzamenti che godono dell’abbraccio dei Monti Lattari,
incastonati tra la Valle del Sarno e il Valico di Chiunzi. Ma il
“rubino rosso” non potrebbe rilasciare le sue caratteristiche se
non fosse per una lavorazione che avviene, esclusivamente in
maniera artigianale. Visitare i luoghi dove questa lavorazione
avviene, evoca ricordi e storie di famiglia, di qualche decennio
addietro. I dati tecnici e di produzione sono incoraggianti:
nell’area di produzione dei Monti Lattari – Agerola, Angri,
Casola, Gragnano, Lettere, Pagani, Santa Maria la Carità,
Sant’Egidio del Monte Albino, Sant’Antonio Abate, Pimonte – i
quintali prodotti sono 2.500, dei quali 1.500 trasformati e
distribuiti, mentre i restanti 1.000 sono utilizzati per consumo
in famiglia o venduti freschi ai privati. A Corbara la
produzione è di 700/800 quintali lavorati da 6 aziende che
vedono coinvolte 25/30 famiglie che coltivano piccoli
quantitativi.
   
Attualmente gli ettari coltivati sono 50, per una resa di 50
quintali per ettaro, ma tutto il territorio, istituzioni
comprese, è impegnato a espandere la produzione sui restanti
terreni coltivabili per altri 100/150 aumentando così la
produzione fino a 7500 quintali. Il corbarino non possiede
ancora un marchio di tutela. La sola I sapori di Corbara
possiede l’Iso 22005 la Certificazione del Sistema di
Rintracciabilità nella Filiera Alimentare. L’Amministrazione di
Corbara, comune capofila dell’area, sta attivando le procedure
per il riconoscimento della Dop o della Igp. “Il nostro
pomodorino – prosegue D’Amato – viene coltivato a cielo aperto
senza essere irrigato artificialmente prende solo l’acqua
piovana (quando c’è) e il raccolto avviene da fine luglio a
inizio settembre. È una pianta molto resistente che vuole
terreni di natura vulcanica. ricchi di minerali preziosi per
l’alimentazione”. Lo chef dell’agriturismo La Grotta non ha
dubbi: il corbarino si gusta al meglio delle sue possibilità con
i paccheri di Gragnano, e una foglia di basilico fresco, “un
matrimonio tra eccellenze che ribadisce il concetto di cultura
gastronomica del territorio” è stato sottolineato nell’incontro.
   
(ANSA).
   

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