Il crollo del bitcoin ha una vittima inaspettata nella Corea del Nord. Pyongyang possiede una vasta quantità di criptovalute ottenute illegalmente. Secondo un’inchiesta dell’agenzia di stampa Reuters, la Corea del Nord ha investito molte risorse nel furto di criptovalute negli ultimi anni, creando un gruppo dedicato e facendo sparire grosse somme. Il crollo delle criptovalute ha spazzato via milioni di dollari di fondi rubati dai nordcoreani, minacciando una fonte chiave di finanziamento per il paese. La crisi dei bitcoin potrebbe aver avuto l’insperato effetto positivo di ritardare i programmi nucleare e missilistico di Pyongyang.
Il ruolo di Lazarus
A marzo, secondo le fonti ufficiali del Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti, il gruppo di cybercriminali Lazarus ha rubato quasi 615 milioni di dollari in monete digitali dal network Ronin, uno dei maggiori furti online mai realizzati. L’ente statunitense ed esperti del settore affermano senza ombra di dubbio che dietro l’operazione ci sia il governo della Corea del Nord, sulla base dei metodi di attacco informatico e del successivo riciclaggio dei fondi rubati. Società di analisi del settore, tra cui Chainalysis ed Elliptic, hanno confermato i collegamenti fra Lazarus e il governo nordcoreano. L’organizzazione criminale è stata accusata di coinvolgimento in numerosi attacchi ransomware verso banche internazionali. Il 23 giugno il gruppo Lazarus si è reso protagonista di un altro furto notevole: 100 milioni di dollari in criptovalute dall’azienda americana Horizon Bride.
Dato che l’accesso libero dei cittadini a internet è vietato in Corea del Nord, gli aspiranti informatici vengono mandati ad acquisire esperienza in Cina, l’unico paese che mantiene ancora relazioni ragionevoli con il regime di Kim Jong-un. In Cina, secondo l’agenzia di cybersicurezza Ncc Group, imparano a usare i computer per poi fare ritorno in patria e lavorare per il regime. Dato il sostegno del governo, i nordcoreani autori dei furti sul web non corrono il rischio di essere perseguiti nel loro paese d’origine.
Meno fondi per gli armamenti
L’improvviso calo dei valori delle criptovalute ha complicato la capacità di Pyongyang di incassare il bottino delle appropriazioni illecite. Ciò potrebbe influenzare il modo in cui il governo prevede di finanziare i suoi programmi militari, hanno affermato due fonti del governo sudcoreano informate sulle questione a Reuters. Le criptovalute nordcoreane non ancora riciclate, monitorate da Chainalysis e che includono fondi rubati in 49 operazioni dal 2017 al 2021, sono diminuite di valore da 170 milioni a 65 milioni di dollari dall’inizio dell’anno a causa della svalutazione in atto.
La Corea del Nord ottiene già solo una frazione di ciò che ruba, perché deve utilizzare broker disposti a convertire o acquistare criptovalute senza fare domande. Solitamente, dopo aver ottenuto le criptovalute, Lazarus cerca di convertirle in bitcoin, quindi trova agenti che li comprano con uno sconto in cambio di contanti. Il denaro viene poi investito principalmente nell’acquisto di armamenti e strumenti militari. “Gli attacchi informatici sono diventati assolutamente fondamentali per la capacità di Pyongyang di eludere le sanzioni internazionali e raccogliere fondi per i suoi programmi missilistici”, ha detto Eric Penton-Voak dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. Il crollo del valore dei bitcoin sta limitando la capacità di Kim Jong-un di trasformare la refurtiva digitale in denaro contante. Ciò rallenterà le missioni militari della nazione, ma è probabile che ora i cybercriminali vengano indirizzati su altri crimini online maggiormente redditizi.
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di Andrea Indiano www.wired.it 2022-07-24 17:00:00 ,