di Mara Magistroni
Stessa cosa si può dire per beta e gamma, emerse rispettivamente in Sudafrica e in Brasile alla fine del 2020, quando ancora la cittadinanza non era vaccinata. Di delta, la variante emersa in India e che tuttora è la più diffusa per la sua altissima capacità di trasmettersi, si inizia a parlare già a ottobre 2020, e di nuovo i vaccini non c’erano.
Il fatto che alcune varianti eludano in parte la protezione fornita dagli attuali vaccini è dovuta al fatto che questi sono stati disegnati su un ceppo diverso del coronavirus, quello originale emerso a Wuhan o la variante immediatamente successiva (quella responsabile della prima ondata epidemica in Italia, la D614G).
C’è però da dire che la voce che i vaccini possano contribuire a selezionare varianti pericolose potrebbe essersi diffusa per un fraintendimento. Lo stesso report del Nejm cita infatti la possibilità che lo sviluppo di nuove varianti che bucano la risposta immunitaria si verifichi in presenza di una “replicazione virale prolungata” in contesti di “immunità parziale”, riferendosi all’idea che alcune varianti (la stessa ipotesi è stata fatta anche per omicron) si siano selezionate in persone immunocompromesse, in cui l’infezione è stata a lungo prolungata anche da trattamenti non risolutivi (per esempio anticorpi monoclonali o plasma iperimmune).
Queste condizioni, in linea teorica, sono possibili anche quando i vaccini conferiscono un’immunità parziale, contribuendo alla pressione selettiva. Tuttavia alcune ricerche suggeriscono che se anche ciò stesse avvenendo avrebbe lo stesso effetto selettivo dell’immunità sviluppata naturalmente (cioè dopo la guarigione), mentre altri studi sostengono non sia il caso dei vaccini anti-Covid, che invece starebbero dando prova di ridurre in modo drastico le vie collaterali che il virus potrebbe intraprendere per eludere la risposta immunitaria. In altre parole riducendo la trasmissione e le possibilità che il virus muti durante la replicazione attuano una sorta di “soffocamento evolutivo”.
Frenare la circolazione virale
I vaccini che sono stati sviluppati per proteggerci da Sars-Cov-2 non sono responsabili degli errori in cui il virus incappa quando si replica, che sono, come detto, un fenomeno naturale. Se il virus non avesse possibilità di replicarsi molto ci sarebbero meno chance di mutare e di originare nuove varianti. Anche alla luce della variante omicron, e sebbene non si possa escludere del tutto la possibilità che i vaccini agiscano come fattore di selezione di nuovi ceppi, oggi l’ipotesi più convincente è che lo sviluppo di nuove varianti sia dovuto a una ancora intensa circolazione di Sars-Cov-2, soprattutto in quei luoghi del mondo dove la percentuale di persone protette dalle vaccinazioni è ancora scarsa.
Non passa giorno ormai che i maggiori esperti mondiali e l’Oms non ricordino che dalla pandemia se ne può uscire solo tutti insieme, appellandosi al senso di responsabilità dei paesi ad alto reddito perché mantengano gli impegni e supportino le campagne di vaccinazione anti-Covid (come il programma Covax) nei paesi a basso reddito, dove le percentuali di persone protette sono ancora largamente insufficienti.
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www.wired.it
2021-12-04 06:00:00