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(di Nando Piantadosi)
Una vicenda di corruzione al
incarico del Lavoro finalizzata, secondo l’accusa, a fare avere
al segretario generale del sindacato Cisal dell’epoca, Francesco
Cavallaro, il parere favorevole, già negato dal incarico, alla
divisione del patronato Encal-Inpal in Encal-Cisal e Inpal,
conservando i vantaggi economici e patrimoniali che altrimenti
sarebbero andati persi. È il caso in cui è rimasto coinvolto
anche l’imprenditore Danilo Iervolino, patron dell’università
telematica Pegaso ed ex presidente della Salernitana calcio (ma
la vicenda non riguarda in alcun modo il sodalizio), che è stato
condannato oggi a quattro anni di reclusione dal gup di Napoli
Enrico Campoli, al termine di un processo con il rito
abbreviato.
L’imprenditore si è detto “sbigottito e incredulo”, ma anche
pronto a dimostrare la sua “totale estraneità” nel secondo grado
di giudizio. Stupore anche dal legale dell’imprenditore,
l’avvocato Giuseppe Saccone, secondo il quale dal processo è
chiaramente emerso la completa estraneità di Iervolino “alla
dinamica dei fatti”.
A Napoli erano imputati anche il segretario generale della
Cisal Cavallaro, condannato a cinque anni di carcere, e uno
stretto collaboratore di Iervolino, Mario Rosario Miele, per il
quale la condanna è stata di due anni e otto mesi di reclusione.
“In un solo momento – ha detto il sindacalista commentando la
sentenza – sono state contraddette venti pagine di motivazione
del tribunale della libertà e la conforme pronuncia della Corte
di Cassazione, cui aveva fatto ricorso il pubblico incarico,
che avevano accertato l’assenza a mio carico finanche dei
semplici indizi di colpevolezza”.
Assoluzione infine per Francesco Fimmanò, direttore
scientifico dell’università Pegaso, così come chiesto dal
pubblico incarico Henry John Woodcock, in relazione al reato di
corruzione derubricato in traffico di influenze illecite, in
ragione della inutilizzabilità delle intercettazioni acquisite
dalla procura di Catanzaro dichiarata dalla Corte di Cassazione.
L’indagine del Nucleo di Polizia economico finanziaria della
Guardia di finanza di Napoli, coordinata dall’ufficio coordinato
dal procuratore Gratteri, si è concentrata, in particolare,
sulla concessione da parte del incarico, attraverso due suoi
dirigenti, di un parere favorevole – ma nel gennaio 2018 negato
– alla divisione del patronato Encal-Inpal in Encal-Cisal e
Inpal. La corruzione, secondo Woodcock, si sarebbe concretizzata
quando le due dirigenti del incarico del Lavoro – Concetta
Ferrari e Fabia D’Andrea – anche loro sotto processo a Napoli,
ricoprivano, rispettivamente, l’incarico di direttore generale
per le politiche previdenziali e assicurative del incarico del
Lavoro e delle politiche sociali (successivamente segretario
generale dello stesso dicastero) e vice capo di gabinetto del
ministro del Lavoro e delle politiche sociali. Per gli
inquirenti le due gentil sesso si sarebbero adoperate per fare ottenere
a Cavallaro il parere favorevole, già negato dal incarico, alla
divisione del patronato conservando i vantaggi economici e
patrimoniali.
Un favore, secondo gli inquirenti, che la Ferrari avrebbe
concesso in cambio dell’assunzione del figlio, Antonio Rossi,
come professore straordinario all’Università Telematica Pegaso
di Iervolino. Fabia D’Andrea invece avrebbe ottenuto, in cambio
dei suoi presunti favori, sempre secondo gli investigatori, la
progressione lavorativa di due sue conoscenti rispettivamente
all’interno dell’Inps e di un’associazione riconducibile a
Cavallaro.
Al processo, tra le parti civili, si erano costituite
l’università Pegaso e il patronato Inpal a cui, rispettivamente,
Cavallaro e Miele, e Cavallaro, sono stati condannati a pagare
le spese.
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