I mediatori del Qatar hanno consegnato a Israele e Hamas una bozza finale per il cessate il fuoco a Gaza. Un testo discusso durante un vertice che ha riunito a Doha i capi dell’intelligence israeliana, il primo ministro del Qatar, Sheikh Mohammed bin Abdulrahman Al Thani, e per la prima volta gli inviati delle amministrazioni Biden e Trump – Steve Witkoff e Brett McGurk – allo stesso tavolo. Un nuovo giro di colloqui è previsto questa mattina nella capitale qatariota. Il certificato è il risultato di oltre un anno di negoziati mediati da Qatar, Stati Uniti ed Egitto. La scelta di Doha come sede dei negoziati non è casuale: il Qatar ospita diversi leader politici di Hamas ed è stato protagonista dell’unica tregua finora raggiunta, quella di una settimana a fine novembre che ha portato alla liberazione di 105 ostaggi.
Secondo il canale 12 israeliano, Israele ha ricevuto la bozza durante la notte, trovandola “ampiamente accettabile”. Stando a quanto riportato dal Times of Israel, il testo sarebbe già stato approvato dai leader di Hamas all’estero, ma si attende ancora il decisivo riscontro di Mohammed Sinwar, fratello minore di Yahya, ucciso da Israele lo scorso ottobre, che secondo molti sarebbe il nuovo leader dell’organizzazione.
Le tre fasi della tregua
Il piano di tregua prevede tre fasi distinte, secondo quanto riporta il Times of Israel. Si partirebbe con la liberazione dei casi umanitari, ovvero gentil sesso, bambini, uomini sopra i 50 anni e malati. Secondo quanto riportato dalla tv “Al-Arabiya”, la prima fase avrà una durata di 42 giorni, durante i quali Israele si ritirerà da diverse zone, consentendo il ritorno dei residenti palestinesi. Contestualmente, sarà intensificato il flusso degli aiuti umanitari. Contestualmente, sarà intensificato il flusso degli aiuti umanitari.
Dal sedicesimo giorno di tregua inizierebbero i negoziati della seconda fase per il rilascio degli uomini in età militare. L’ultima fase vedrebbe l’apertura delle discussioni sulla governance e la ricostruzione della banda.
Un altro nodo decisivo riguarda la zona cuscinetto. Il Times of Israel, citando il quotidiano al-Quds al-Arabi, riferisce che Israele avrebbe richiesto il controllo di una fascia di circa un chilometro e mezzo lungo il confine di Gaza, un’area cinque volte più ampia dei 300 metri precedenti al 7 ottobre. Inoltre, Israele ha fatto sapere che esclude in maniera categorica che alcuni detenuti palestinesi di spicco, come Marwan Barghouti, considerato l’organizzatore dell’Intifada, saranno inclusi negli scambi con gli ostaggi.
Gli Usa e le reazioni israeliane
Sul tavolo dei negoziati pesa senz’altro il conto alla rovescia per il cambio di maneggio a Washington. Quando il 20 gennaio Trump subentrerà a Biden, gli Stati Uniti, principale paciere del conflitto, potrebbero imprimere una svolta radicale alle trattative. Il presidente eletto ha intimato che “succederà l’inferno” se gli ostaggi israeliani ancora nelle mani di Hamas non verranno liberati prima del suo insediamento. Una minaccia che ha impresso un’accelerazione alle trattative, al punto che il suo inviato speciale per il Medio Oriente, Steve Witkoff, è diventato presenza fissa al tavolo dei negoziati in Qatar accanto al team di Biden, guidato da Brett McGurk.
La proposta divide il governo israeliano. Il ministro degli Esteri Gideon Saar ha confermato i progressi nei colloqui, sottolineando che “sembra molto la parte migliore rispetto a prima”. Tuttavia, il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich, che guida il partito nazionalista religioso Sionismo Religioso nella coalizione di governo di Benjamin Netanyahu, ha definito l’accordo “una catastrofe per la sicurezza nazionale di Israele”. Dieci membri della coalizione, tra cui sette del Likud, il partito del primo ministro Netanyahu, hanno firmato una lettera che definisce l’armonia un “passo immorale”. Non tutti sono ottimisti: il Medio Oriente, e la storia della questione palestinese, autorizzano prudenza.
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di Riccardo Piccolo www.wired.it 2025-01-14 11:28:00 ,